Il sindaco leghista di Foggia, il consigliere di Fratelli d’Italia e la rete dei mafiosi

C'è anche il nome del sindaco leghista di Foggia Franco Landella, da poco entrato nella Lega, nella relazione sul comune a rischio mafia

Il sindaco leghista di Foggia, il consigliere di Fratelli d’Italia e la rete dei mafiosi

Il Fatto Quotidiano racconta oggi che c’è anche il nome del sindaco di Foggia Franco Landella, da poco entrato nella Lega di Matteo Salvini, tra quelli finiti nella relazione consegnata dalle forze dell’ordine ai membri della commissione del ministero dell’Interno. Che dovrà decidere se sciogliere o meno il Comune per infiltrazioni mafiose.

Il sindaco leghista di Foggia, il consigliere di Fratelli d’Italia e la rete dei mafiosi

Il ministro dell’Interno, nelle scorse settimane, ha insediato una commissione per valutare se esistono le condizioni per lo scioglimento. Si parla di “collegamenti ambigui e discutibili di amministratori con soggetti orbitanti, se non appartenenti, a gruppi mafiosi locali”. Secondo i racconti dei siti locali l’attività amministrativa del Comune sarebbe stata condizionata dai clan nei lavori pubblici, i tributi, i servizi cimiteriali, dall’appetito famelico dei clan. Lo scopo è appropriarsi del controllo di strade e quant’altro in ogni angolo della città. E in qualsiasi momento.

Nella relazione consegnata ai membri della commissione è presente un paragrafo dedicato al primo cittadino. Eletto nel 2014 e confermato nel 2019 alla guida del comune. Che secondo il documento raccontato dal Fatto è “dilaniato dalle guerre tra le batterie “Moretti-Pellegrino”,“Sinesi – Francavilla” e “Trisciuoglio – Prencipe -Tolonese ” che negli ultimi anni avevano deciso di cambiare strategia: superando la spartizione del territorio e le sanguinose faide, avevano optato per una cassa comune in cui i soldi delle estorsioni sarebbero stati divisi fra i tre gruppi”.

Nel documento visionato dal Fatto si parla dei rapporti con esponenti della “Società foggiana”: gli investigatori scrivono, ad esempio, che nelle Regionali 2010, pur non eletto, Landella avrebbe avuto “annoverato tra i suoi più fattivi sostenitori, alcuni componenti della famiglia ‘Piserchia’, noti pregiudicati in materia di traffico di stupefacenti”.

Gli investigatori, inoltre, ricordano che sua moglie è cugina di Claudio Di Donna coinvolto nel 2009 in un’inchiesta per associazione mafiosa. E che suo figlio è stato denunciato per truffa aggravata in concorso con Francesca Bruno, compagna di Antonio Tizzano, figlio di Francesco Tizzano definito “esponente di rilievo della batteria Moretti-Pellegrino”.

Il comune di Foggia a rischio scioglimento

Ci sono poi i nomi dei consiglieri comunali, degli ex assessori e dei dipendenti di Foggia ritenuti vicini ai clan. C’è un’accusa anche per Bruno Longo, consigliere di Fratelli d’Italia arrestato lo scorso febbraio per tangenti. Nei prossimi mesi la commissione dovrà decidere se la criminalità ha controllato il Comune. Si parla di costruttori, imprese funebri, sale scommesse, i fantini in corsa negli ippodromi, imprese di trasporti e dell’industria alimentare, commercianti. E persino gli ambulanti del mercato settimanale.

Il sindaco si è difeso dalle accuse contenute nelle 17 pagine della relazione: “La mia amministrazione ha svolto il suo lavoro sempre in maniera trasparente”. “La gravità di tali illazioni impone una risposta chiara e netta” ha detto ancora Landella. “Per tale ragione, sono pronto, carte alla mano, a contestare, in ogni sede, punto per punto, ogni addebito a questa amministrazione. Sottolineando soprattutto come sugli appalti e le concessioni comunali riguardanti la segnaletica, la gestione della riscossione dei tributi e del cimitero comunale le decisioni le ha prese la precedente amministrazioni di centrosinistra a guida del sindaco Gianni Mongelli”.

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La difesa del sindaco di Foggia

“In particolare – continua – per quanto concerne l’affidamento della gestione del Cimitero Comunale, va ricordato come, il 28 luglio 2011, mentre in aula il centro destra (tra i cui banchi mi onoravo di sedere in qualità di consigliere comunale) discuteva una mozione di contestazione sull’affidamento all’esterno del servizio, l’allora sindaco Mongelli procedeva, contestualmente alla seduta consiliare, a contrattualizzare il servizio incriminato”.

“Quanto alla videosorveglianza – scrive ancora Landella – invece, l’addebito appare addirittura paradossale, mirando a screditare chi le telecamere le ha installate per davvero. Ben 564, di cui 259 già attive mentre le restanti entreranno in funzione entro la fine del 2021, con una densità pari a una videocamera ogni 266 abitanti. A differenza delle precedenti amministrazioni di centrosinistra che, rispetto anche a un esiguo numero di telecamere presenti sul territorio di Foggia (circa 40), non ne hanno garantito neanche il funzionamento. Si dimentica, inoltre, come questa amministrazione sia stata la prima a costituirsi parte civile nei processi contro la mafia”.

Il sindaco di Foggia annuncia anche di voler querelare Repubblica che ha pubblicato, in esclusiva, il contenuto del documento. Repubblica conferma alla virgola quanto scritto. “Nella mia attività politica non ho mai chiesto l’appoggio a famiglie appartenenti ai clan. E non ho alcuna parentela acquisita con persone ritenute vicine alle stesse” scrive Landella. Entrambe le circostanze sono però contenute all’interno della relazione.

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