Gargano: “Altro che eventi straordinari. Questa è la nuova normalità”

Parla il direttore generale dell'Anbi, Massimo Gargano: "Chi nega il cambiamento climatico non merita risposta".

Gargano: “Altro che eventi straordinari. Questa è la nuova normalità”

Torna la pioggia e con essa i negazionisti del cambiamento climatico. Massimo Gargano, direttore generale dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue, Cosa ne pensa?
“Quanto sta accadendo è l’esatta dimostrazione che i cambiamenti climatici non solo ci sono ma si manifestano con una continuità che oggettivamente non è più tollerabile. Non lo è a livello planetario e soprattutto per il nostro Paese in quanto front office tre le aree calde che vengono dal continente africano e quelle artiche che vengono dal nord. Fenomeni che generano questa continua alternanza tra periodi di siccità e periodi di pioggia e per i quali continuiamo a pagare dei prezzi incredibili in termini di vite umane, di incapacità nel poter programmare attività e anche in termini di sicurezza dei cittadini. Guardi fino a venti giorni fa parlavamo di siccità e tra altri venti giorni ne torneremo a parlare. Mi sembra evidente che questo approccio che abbiamo tenuto fino ad oggi non è sufficiente a dare risposte che il Paese, l’agricoltura e i cittadini si aspettano. I cambiamenti climatici sono una realtà e dobbiamo capirlo. L’innalzamento delle temperature è un dato su cui non si può dibattere perché è davanti agli occhi di tutti. A chi lo nega o afferma che un aumento di tre o quattro decimi non produca catastrofi, mi limito a dire che questa è un’ignoranza talmente grossolana che non merita neanche una risposta”.

Quanto ci costano questi fenomeni estremi?
“L’anno scorso l’agricoltura a causa della siccità ha sofferto mancate produzioni per sei miliardi di euro. Quest’anno si stima che verranno coltivati ottomila ettari di riso in meno, con le inevitabili ripercussioni per tutto l’indotto e anche sul suo prezzo che è aumentato del 51%. Il maltempo ha devastato anche le coltivazioni delle pere, con le grandi cooperative che hanno rinunciato ad assumere centinaia di persone addette alla loro lavorazione. Questi sono dati come lo è anche la mancata occupazione per il settore ortofrutticolo, il resto sono chiacchiere e ideologie di chi nega la realtà”.

La comunità scientifica è convinta che siamo davanti alla tropicalizzazione del clima e che a causarlo è l’uomo. Come si possono limitare i danni?
“Dobbiamo rispondere agli obiettivi che ci siamo dati a livello internazionale, uno su tutti quelli contenuti nell’accordo di Parigi. Parlando del nostro caso specifico, prendendo atto di quello che accade dobbiamo fare una serie di iniziative urgenti. La prima è limitare il consumo del suolo che è uno dei fattori dietro a quanto sta accadendo in questi giorni in Emilia Romagna. Si tratta di una priorità perché quando cadono quantità di pioggia importanti e in maniera molto concentrata, se incontrano solo ed esclusivamente cemento e asfalto allora sono guai. Poi dobbiamo portare a casa la più grande opera pubblica di cui il nostro Paese ha bisogno ossia la manutenzione straordinaria del nostro territorio che deve andare dalla pulizia delle caditoie e fino all’adeguamento dei nostri canali che sono stati pensati in un’altra epoca e sono ormai inadeguati. La terza cosa da fare è infrastrutturare il territorio con opere leggere perché se le piogge di questi giorni l’avessimo tolte da quei torrenti, gli stessi che abbiamo elevato alla dignità di fiumi, per conservarle allora avremmo trasformato una minaccia in una risorsa. Con infrastrutture leggere non parlo di dighe e cemento o di bacinizzazione dei fiumi, mi riferisco a sistemi non invasivi come quelli che l’Anbi ha messo all’interno del piano di piccoli e medi bacini. La quarta cosa è operare sull’innovazione e sulla digitalizzazione della rete idrica, sia potabile che irrigua, dandole la stessa dignitià che ora riserviamo alla rete ferroviaria o quella stradale. Si tratta di qualcosa che si può fare già ora, non dobbiamo attendere chissà cosa. Poi, in ultimo, il problema delle acque reflue che non può essere demandato ai privati ma deve essere preso in carico dallo Stato”.

La pioggia di tre mesi si è condensata in un giorno. Si tratta di fenomeni straordinari?
“Siamo nell’assoluta e totale normalità. Oggi le politiche di adattamento alle conseguenze dei cambiamenti cliamtici devono diventare il faro dell’azione degli istituzioni regionali, nazionali e comuntiari”.

A distanza di due settimane, il maltempo torna a flagellare l’Emilia Romagna. C’è stata una sottovalutazione del rischio?
“Su queste tematiche in dieci giorni non si può fare nulla. L’anno scorso c’è stata una siccità terribile che ha colpito tutto il Paese tranne la Sardegna che non ha avuto alcun problema. Ciò è stato possibile grazie al fatto che le istituzioni presero atto che c’era un rischio desertificazione per il sud Italia e così individuarono risorse importanti, attraverso la Cassa del mezzogiorno che in questo caso è stata ben utilizzata, per finanziare la realizzazione di infrastrutture in tutto il Sud. Dopo moltissimi anni gli effeti di questi interventi si sono visti, infatti nel 2022 tutto il centronord ha subito danni enormi a causa della siccità mentre il centrosud ha avuto molti meno problemi. È chiaro che davanti a problemi tanto complessi servono interventi con un orizzonte di medio e lungo termine”.