Gasparri indagato per peculato

di Vittorio Pezzuto

L’accusa è di peculato. Per i pm di Roma l’ex presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, nel marzo dell’anno scorso si sarebbe appropriato di 600mila euro dei fondi destinati al gruppo e li avrebbe utilizzati per l’acquisto di una polizza a vita a suo nome. Un’operazione illecita che potrebbe costargli adesso il processo. I magistrati capitolini hanno infatti chiuso l’inchiesta, atto che di norma precede la richiesta di rinvio a giudizio. In base al capo di imputazione la polizza aveva come beneficiari gli eredi legittimi del parlamentare. Secondo l’accusa, lo scorso 1 febbraio Gasparri avrebbe proceduto al suo riscatto anticipato per una somma di 610.697,28 euro che avrebbe poi successivamente restituita con due distinti bonifici da 300mila euro (il 20 febbraio e il 12 marzo scorsi) «a seguito di specifiche richieste della Direzione amministrativa del gruppo Pdl». L’inchiesta madre dalla quale è scaturito questo filone riguardava la gestione dei fondi del gruppo Pdl al Senato negli ultimi due anni ed è stata avviata dopo alcune segnalazioni di operazioni sospette inviate dalla Bnl, la banca presso la quale era acceso il conto intestato a Gasparri nella qualità di presidente del gruppo, quindi un pubblico ufficiale. Per questo troncone la Procura ha chiesto l’archiviazione per Gasparri e per Gaetano Quagliariello, all’epoca vicepresidente del gruppo. Gli inquirenti sostengono di aver riscontrato una situazione confusa nella gestione di queste provvidenze pubbliche ma di non aver comunque individuato alcun elemento illecito.

La reazione
«Non mi sono appropriato di nulla!» ha subito reagito in una nota il vicepresidente del Senato. «Ritenevo comunque di aver chiarito agli organi competenti in maniera puntuale la vicenda relativa alla gestione dei fondi del gruppo parlamentare del Pdl al Senato. Apprendere che nonostante gli elementi forniti questi fatti non siano stati archiviati e anzi siano state avviate ulteriori procedure – ha aggiunto – mi provoca grande turbamento e disagio, ma ho la coscienza tranquilla perché, come sempre, ho operato con correttezza e linearità. Mi auguro che questa storia così sgradevole, i cui termini francamente riesce difficile comprendere, possa essere chiarita e definita al più presto. Appena avrò esaminato la documentazione replicherò sugli aspetti specifici».
Contattato da La Notizia, Gasparri si è poi ulteriormente accalorato, aggiungendo altre precisazioni alla sua versione dei fatti: «Tutto è stato fatto con grande trasparenza e nell’interesse del gruppo stesso. Quei soldi in realtà erano stati accantonati per eventuali cause di lavoro. Constatando questa giacenza sul nostro conto, gli uffici della banca che ha sede nel Senato ci hanno proposto di metterli a frutto. In qualità di capogruppo ho risposto loro di proporci la soluzione più conveniente, dettando però due condizioni precise: che tale investimento fosse il meno rischioso possibile (nessuna sottoscrizione di fondi azionari, per intenderci) e che fosse possibile smobilizzare con immediatezza queste somme». Come mai allora la direzione amministrativa del gruppo le ha richiesto poi indietro quella somma? «Guardi che il gruppo all’epoca ero io! Dovendo definire il bilancio al termine della legislatura, mi sono attivato per chiudere quella polizza. Mi spiega allora di cosa stiamo parlando?!».

Trasparenza negata
Gasparri ha avuto fretta di chiudere la telefonata. Ed è stato un peccato perché avremmo voluto ricordargli che il 22 novembre 2012 l’assemblea di Palazzo Madama ha approvato quasi all’unanimità una modifica del regolamento del Senato in materia dei contributi destinati ogni anno ai Gruppi parlamentari (21 milioni e 350mila euro erogati nel solo 2013). Al punto 4 dell’articolo 16-bis viene adesso disposto che «ciascun Gruppo è tenuto a pubblicare on line, nel proprio sito internet liberamente accessibile, ogni mandato di pagamento, assegno o bonifico bancario, con indicazione della relativa causale, secondo modalità stabilite con delibera del Consiglio di Presidenza». Perché il Pdl non ha osservato questa regola? E perché il sito del gruppo risulta addirittura inattivo? Due domande che dubitiamo verranno mai rivolte dalla Procura ma che pensiamo meritino di ricevere al più presto una risposta. A tutela dei Gasparri di turno ma soprattutto dei contribuenti italiani.