Gaza, a lezione da Israele: 18 eserciti occidentali studiano il conflitto messo sotto accusa dalla Corte penale internazionale

Diciotto eserciti studiano le tattiche israeliane sulla guerra di Gaza mentre la Corte dell'Aja indaga sui crimini di guerra.

Gaza, a lezione da Israele: 18 eserciti occidentali studiano il conflitto messo sotto accusa dalla Corte penale internazionale

Dal 16 al 20 novembre 2025, l’Idf ha riunito in Israele 18 eserciti stranieri per illustrare le “lezioni operative” della guerra di Gaza. La notizia è stata resa pubblica dal Times of Israel il 16 novembre e confermata da The National tre giorni dopo: Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Germania, Finlandia, India, Grecia, Giappone, Marocco e diversi Paesi dell’Europa orientale hanno inviato ufficiali e comandanti per assistere a briefing, esercitazioni con droni, artiglieria e carri, e visite ai comandi militari nel sud del Paese.

Le immagini diffuse da The National mostrano gli ufficiali stranieri affacciati da una collina di Sderot, di fronte alle rovine della Striscia. Il quotidiano ricorda che la guerra iniziata dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023 ha provocato “più di 69.400 morti palestinesi” e ha raso al suolo interi quartieri. È il punto in cui diplomazia militare e devastazione coincidono: le delegazioni studiano la campagna mentre sul conflitto pendono indagini internazionali.

Il peso delle accuse e la normalizzazione delle relazioni

Nello stesso resoconto, The National ricorda che il premier Benjamin Netanyahu è destinatario di un mandato di arresto della Corte penale internazionale, che lo accusa di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. È la prima volta che un capo di governo israeliano in carica è ricercato dall’Icc mentre governa. La posizione tocca direttamente molti dei Paesi presenti al seminario, che hanno ratificato lo Statuto di Roma e sono quindi obbligati alla cooperazione con la Corte.

Il calendario aggiunge un ulteriore elemento: proprio il 18 novembre, nel pieno delle attività del seminario, la Germania revoca la sospensione parziale delle forniture militari a Israele, adottata ad agosto. Berlino torna a valutare le licenze “caso per caso”, mentre un suo ufficiale è tra i presenti alle esercitazioni dell’Idf. Un allineamento che mostra come la cooperazione militare e commerciale prosegua anche nei momenti di massima pressione internazionale.

L’Unione europea, pur senza commentare direttamente l’evento, ribadisce pochi giorni prima un punto centrale. In più interventi, Josep Borrell ricorda che i mandati dell’ICC “sono vincolanti per tutti gli Stati membri” che hanno aderito alla Corte e non possono essere elusi dietro scelte politiche contingenti. Una posizione che collide con la presenza di delegazioni europee al seminario israeliano, rendendo visibile la distanza tra la retorica del diritto internazionale e la pratica delle cooperazioni strategiche.

Gli eserciti occidentali a lezione dall’Idf

Il 18 novembre, il Jerusalem Post segue dall’interno una delle sessioni, rivelando un clima meno compatto di quanto appaia nelle foto ufficiali. Alcuni ufficiali stranieri giudicano “molto difficile da accettare” l’entità delle vittime civili palestinesi; altri contestano l’idea che Israele debba poter tollerare livelli così alti di danno collaterale nella guerra urbana. Opinioni espresse lontano dai microfoni, ma che mostrano il disagio reale dietro la partecipazione formale.

Anche il Telegraph segnala una “presenza ridotta e prudente” del Regno Unito, per evitare che la partecipazione al seminario sia interpretata come un sostegno politico incondizionato a Israele. Nessuna smentita ufficiale, ma la cautela britannica evidenzia quanto il tema sia diventato delicato per gli alleati occidentali.

Sul piano giuridico, la questione è ancora più sensibile. Gli Articles on State Responsibility della Commissione di diritto internazionale stabiliscono che uno Stato può essere corresponsabile se fornisce “aiuto o assistenza” a un altro Stato nella commissione di un illecito internazionale, sapendo del rischio concreto che quella cooperazione possa facilitarlo. Negli ultimi mesi, diversi esperti Onu hanno richiamato questo principio analizzando la vendita di armi e le forme di addestramento militare fornite a Israele.

A scuola di campagne militari

Il seminario dell’Idf non costituisce di per sé un atto illecito. Ma costruisce una relazione stabile tra eserciti occidentali e un’operazione militare sotto indagine per violazioni gravi del diritto umanitario. Le delegazioni osservano da vicino la campagna più contestata degli ultimi decenni, apprendono procedure, tattiche, sistemi d’arma, mentre la giustizia internazionale indaga bombardamenti sproporzionati, ostacoli agli aiuti e attacchi in aree densamente popolate. La scena di Sderot, con gli ufficiali stranieri che osservano dall’alto ciò che resta della Striscia, sintetizza il paradosso: una guerra al centro di accuse pesantissime trasformata in un caso di studio per gli alleati.

Una vera e propria scuola di genocidio. Ed è qui che la scena di Sderot assume un valore politico che va oltre il simbolo: eserciti europei e asiatici studiano una campagna militare che la giustizia internazionale sta esaminando per presunte violazioni gravi del diritto umanitario. La distanza tra la retorica dei diritti umani e la pratica della cooperazione militare si consuma in quel punto, alla luce del sole, come se le due dimensioni potessero procedere parallele senza mai toccarsi. In realtà, si stanno già toccando: nella diplomazia, nei tribunali, nelle cancellerie che con una mano chiedono alle Nazioni Unite un’indagine indipendente e con l’altra stringono accordi militari che rendono quella stessa indagine più fragile e politicamente costosa.