“Gaza sta bruciando”. Con queste parole agghiaccianti il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha esultato per l’avvio della massiccia invasione di Gaza City, affermando che “l’Idf sta colpendo con pugno di ferro le infrastrutture terroristiche, con i soldati che stanno combattendo coraggiosamente per creare le condizioni per il rilascio degli ostaggi e la sconfitta di Hamas”.
Lo stesso ministro, nonostante la condanna internazionale, ha poi aggiunto che “non cederemo e non torneremo indietro, fino al completamento della missione” che, secondo fonti militari, potrebbe durare fino a quattro mesi. Soddisfatto per l’inizio dell’operazione Carri di Gedeone 2 anche il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, secondo cui “abbiamo avviato un’intensa operazione a Gaza” che dovrebbe, a suo dire, porre fine alla minaccia terroristica che da tempo incombe su Israele.
Il silenzio americano
L’attacco, preannunciato da settimane, è iniziato in modo improvviso poco prima della mezzanotte, quando i tank israeliani, accompagnati dai bombardamenti dell’aviazione, sono entrati nella città distruggendo quanto incontravano sul loro cammino. Colpi di artiglieria, missili e bombe hanno illuminato a giorno Gaza City per ore. Un’offensiva poderosa che, nel giro di poche ore, secondo fonti militari israeliane, ha permesso all’Idf di ottenere il controllo di quasi il 40% del territorio della principale città della Striscia.
Un orrore senza fine a cui non si sono opposti gli Stati Uniti che, almeno stando a quanto riporta Axios, avrebbero anzi dato pieno sostegno all’operazione. Secondo il portale, il segretario di Stato americano, Marco Rubio, avrebbe assicurato a Netanyahu il pieno appoggio di Washington, chiedendogli di agire con rapidità per chiudere il conflitto il prima possibile. Axios, citando un funzionario statunitense anonimo, riferisce inoltre che l’amministrazione Trump non intende porre freni a Israele, lasciandogli libertà di decidere come condurre la guerra a Gaza: “Non è la guerra di Donald Trump, è la guerra di Bibi, e lui si assumerà tutte le responsabilità di ciò che accadrà”.
La risposta di Hamas
A rendere la situazione ancora più paradossale è stato l’intervento dello stesso Rubio che, in mattinata, ha ignorato il bombardamento dei negoziatori di Hamas in Qatar proprio mentre discutevano la proposta di cessate il fuoco avanzata dagli Stati Uniti, preferendo puntare il dito sul movimento palestinese. Così, invece di criticare Netanyahu per il nuovo atto di guerra, Rubio ha criticato Hamas: “Israele ha iniziato a condurre operazioni, quindi penso che Hamas abbia una finestra di tempo molto breve per raggiungere un accordo: non abbiamo più mesi, probabilmente restano giorni, forse qualche settimana”.
L’invito non è stato accolto da Hamas, che avrebbe paventato l’intenzione di usare gli ostaggi come scudi umani, accusando Netanyahu di avere “la piena responsabilità della vita dei suoi prigionieri nella Striscia di Gaza” e criticando Trump per il suo “palese pregiudizio a favore della propaganda sionista”.
Caos in Israele
Di fronte alla nuova offensiva, le famiglie degli ostaggi sono tornate in piazza, marciando fino alla residenza di Netanyahu a Gerusalemme. Anat Angrest, madre dell’ostaggio Matan Angrest, ha dichiarato: “Ci barricheremo qui, non ci muoveremo, mentre i nostri cari vengono bombardati dall’Idf su ordine del primo ministro, che sta facendo di tutto per impedire un accordo e il loro ritorno. Temiamo che questa sarà la loro ultima notte”.
La condanna dell’Onu
Proprio mentre la guerra a Gaza entra in quella che Israele definisce “l’offensiva finale”, le Nazioni Unite hanno pubblicato le conclusioni dell’inchiesta indipendente sui presunti crimini di guerra commessi dallo Stato ebraico. Il rapporto, di 72 pagine, ha rilevato che Israele ha “commesso quattro atti genocidi” nell’enclave palestinese dal 7 ottobre 2023, quando Hamas ha lanciato i suoi attentati che hanno innescato la campagna militare.
Secondo il dossier, tali atti comprendono l’uccisione di palestinesi a Gaza, causando loro “gravi danni fisici e mentali”, “infliggendo deliberatamente condizioni di vita volte a provocarne la distruzione fisica in tutto o in parte” e “imponendo misure per impedire le nascite all’interno del gruppo”.
A queste accuse ha risposto con durezza il ministero degli Esteri israeliano, che in una nota ha definito il documento «un altro falso rapporto su Gaza» redatto da “tre individui che agiscono come rappresentanti di Hamas, noti per le loro posizioni antisemite”. Israele sostiene che le conclusioni “si basano interamente su falsità di Hamas, riciclate e ripetute” e chiede “l’immediata abolizione di questa Commissione d’inchiesta”.