Malgrado le forti aspettative, anche il terzo round negoziale su Gaza tra Hamas e Israele a Doha, in Qatar, si è concluso con un nulla di fatto. Come fanno sapere i negoziatori arabi, “le discussioni si sono concentrate sui meccanismi di attuazione dell’eventuale cessate il fuoco, in particolare sulle clausole relative al ritiro e agli aiuti umanitari”, ma “restano ancora forti distanze tra le posizioni” sostenute dal governo israeliano di Benjamin Netanyahu e dal movimento islamista palestinese.
A spiegare come stiano procedendo le trattative è stato il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, Majed Al-Ansari, secondo cui al momento si lavora a “un accordo quadro” tra le parti che possa mettere fine al conflitto, ma per riuscirci “servirà ancora altro tempo”. I diplomatici di Doha – ha concluso Al-Ansari, prima di chiedere ai media di “limitare la diffusione di notizie che potrebbero far naufragare i negoziati” – stanno cercando di “ridurre le distanze tra le rispettive posizioni, colmare le lacune e preparare il terreno per colloqui che siano davvero significativi”, precisando, però, che al momento non è stato nemmeno stilato un “calendario degli incontri”.
Gaza, fumata nera nel terzo round negoziale ma per Trump la pace è vicina
Che la situazione possa sbloccarsi lo ha affermato il presidente americano, Donald Trump, secondo cui “Hamas vuole un cessate il fuoco”. Parole che, di fatto, lasciano intendere che le maggiori resistenze, almeno al momento, provengano da Israele. Motivo per il quale il tycoon, da settimane, esercita un serrato e crescente pressing su Netanyahu, ulteriormente intensificatosi in questi giorni in cui il leader di Tel Aviv si trova in visita negli Stati Uniti.
Proprio da Washington, il primo ministro israeliano ha fatto buon viso a cattivo gioco: prima ha elogiato Trump, dicendo che “si meriterebbe il Nobel per la Pace” e dichiarandosi interessato a risolvere la situazione con la diplomazia; poi ha dettato le sue solite condizioni su come e quando dovrà finire il conflitto nella Striscia di Gaza. Un punto su cui non è disposto a fare alcuna concessione è quello relativo all’ormai tramontata soluzione dei due Stati: “Penso che i palestinesi dovrebbero avere tutti i poteri per governarsi da soli, ma nessuno dei poteri per minacciarci” e “ciò significa che alcuni poteri, come la sicurezza generale, rimarranno sempre nelle nostre mani”.
Ma non è tutto. Da Washington, Netanyahu ha rispolverato il piano di deportazioni degli abitanti di Gaza, proposto mesi fa da Trump, sostenendo che gli Stati Uniti sono “vicini a trovare diversi Paesi” mediorientali “che accoglieranno i palestinesi che desiderano lasciare la Striscia di Gaza devastata dalla guerra”. Un trasferimento volontario e non una deportazione, ha voluto chiarire il leader israeliano, affermando che “se le persone vogliono rimanere, possono rimanere; ma se vogliono andarsene, dovrebbero poterlo fare”.
Estrema destra israeliana in rivolta: “No ad accordi con Hamas”
Con i negoziati che proseguono ma sono ancora lontani da una svolta, il ministro e leader dell’ultradestra israeliana, Itamar Ben Gvir, è tornato a ribadire il suo no a ogni forma di accordo. Con un messaggio indirizzato a Netanyahu, ha chiesto “di richiamare immediatamente la delegazione che è andata a negoziare con gli assassini di Hamas a Doha. Non si tratta con chi uccide i nostri soldati, bisogna schiacciarli, affamarli fino alla morte e non rianimarli con aiuti umanitari che gli danno ossigeno”.
A suo dire, la fine delle ostilità può avvenire solo attraverso “l’assedio totale, la pressione militare, l’incoraggiamento all’emigrazione e l’installazione di nuovi insediamenti ebraici”.
Parole cariche di ira – per giunta condivise da diversi esponenti del governo israeliano – scaturite dai feroci combattimenti che ieri hanno causato la morte di cinque soldati israeliani e il ferimento di altri quattordici, a causa di una bomba piazzata sul ciglio della strada a Beit Hanoun, nel nord di Gaza. Attacco che, a sua volta, è avvenuto dopo che le forze dell’IDF hanno causato almeno 54 vittime civili nell’arco delle ultime 24 ore, molte delle quali registrate a seguito di un raid israeliano su una tenda di sfollati a Gaza City.