Gioco d’azzardo senza limiti. Non bastano le leggi

di Antonello Di Lella

Non basta solo il decreto Balduzzi per mettere il freno al gioco d’azzardo. Meglio di niente, senza alcuna ombra di dubbio. Ma ancora troppo poco per arginare e prevenire la ludopatia. Perché non è sufficiente indicare rischi e divieti sugli apparecchi di gioco per evitare problemi di dipendenza. È questa in sintesi la conclusione che viene fuori dal progetto “Salva Famiglie” che ha monitorato il rispetto degli obblighi informativi cui sono tenuti i gestori di apparecchi per il gioco legale sull’intero territorio nazionale. Dal progetto finanziato dal ministero dello Sviluppo economico e realizzato dalle associazioni dei consumatori Adoc, Adusbef, Asso-consum, Federconsumatori e Movimento consumatori, emerge che i gestori tendenzialmente rispettano le regole sugli obblighi informativi, ma il problema del gioco d’azzardo resta vivo senza alcuna fase di regressione. Almeno in base alle segnalazioni raccolte dalle associazioni, perché non è stato ancora possibile raffrontarsi con dei dati ufficiali per valutare l’effettivo impatto della legge, dato che gli ultimi disponibili dall’Aams sono del 2012, quando la norma non era ancora stata varata.

COSA PREVEDE LA LEGGE
Il decreto, entrato in vigore nel gennaio 2013, prevede che nei posti dove è possibile giocare d’azzardo siano affissi specifici obblighi informativi. Divieto per i minori, avvertimento dei rischi di dipendenza, marchio con le autorizzazioni e, infine, l’esposizione del materiale informativo predisposto dalle aziende sanitarie locali”. Per la prima volta viene riconosciuto che, spesso, il gioco ha poco di ricreativo e può causare problemi di salute con costi sociali enormi. Il “disturbo da gioco d’azzardo” viene inserito nei livelli essenziali di assistenza (Lea) del Servizio sanitario nazionale per prevenzione, cura e riabilitazione. Sono previste inoltre, anche delle distanze minime per le sale gioco dai luoghi sensibili quali scuole e ospedali. Il fenomeno, intanto, negli ultimi dieci anni (2002-2012) ha visto il quintuplicarsi della spesa. Quindi appare quasi scontato che apporre soltanto dei cartelloni informativi sui rischi, è sì un passo in avanti, ma non certo un provvedimento che da solo può intervenire significativamente sul problema.

I DATI RACCOLTI
L’indagine, condotta negli scorsi mesi di giugno e luglio, ha riguardato tutte e 20 le Regioni, con un totale di 35 città interessate e 380 esercizi pubblici monitorati tra bar e tabacchi (74%), sale gioco (23%) e centri ricreativi (3%). E non mancano i casi in cui gli avvertimenti sono risultati esposti con caratteri piccoli o nascosti. Le violazioni più significative sono state registrate sull’obbligo di esposizione del materiale informativo Asl sui rischi legati al gioco e sui servizi di assistenza, rispettato nel 72% degli esercizi. Le maggiori trasgressioni sono state rilevate a Olbia, Catanzaro, Caserta, Roma e Palermo. Insomma lo scommettitore è avvisato. Anche se, a volte, con caratteri microscopici.