Giovanardi non si arrende. Le botte a Cucchi? Tutte da dimostrare. Neanche l’evidenza fa cambiare idea all’ex senatore

L’ex parlamentare che definì Stefano “tossico e anoressico” non si ravvede

“Non c’è nessuna relazione tra le eventuali percosse e la morte di Cucchi. Lo dicono le perizie dei più grandi luminari italiani”. Nonostante la clamorosa svolta al processo per la morte di Stefano Cucchi, l’ex senatore Carlo Giovanardi, continua a dubitare che quelle percosse ci siano davvero state. “E-v-e-n-t-u-a-l-i…”, scandisce ad alta voce l’ex ministro, ed ex parlamentare di lungo corso, passato nell’arco di ventisei anni dai banchi della Dc a quelli del Ncd di Alfano. Insomma, Giovanardi proprio non riesce ad arrendersi, anche di fronte all’evidenza dei fatti. Fu lui, del resto, a definire Cucchi un “tossico”, uno “spacciatore abituato alle botte”, un “anoressico”. Senza dimenticare la perla più celebre: “I medici dovevano obbligarlo a mangiare”.

L’orologio di Giovanardi è ancora fermo al primo processo – quello a carico dei medici del Pertini e degli agenti della Penitenziaria – quando nulla si sapeva del coinvolgimento diretto dei cinque carabinieri che quella notte si occuparono del trentenne romano e che oggi sono sotto processo. Non c’è svolta che tenga per il granitico ex senatore, come quando tentò di sostenere che il Dc9 Itavia precipitato al largo di Ustica il 27 giugno 1980 non fu abbattuto da un missile – come sostengono le conclusioni della monumentale istruttoria del giudice Rosario Priore e diverse sentenze di condanna in sede civile – bensì da una bomba collocata nella toilette di bordo che verosimilmente scoppiò in volo, nonostante l’aereo avesse accumulato, prima del decollo da Bologna, due ore di ritardo. Un attentato che, tra l’altro, nessuno ha mai rivendicato.

Scusi Giovanardi, ma non ha appreso la notizia del carabiniere che accusa del pestaggio i suoi colleghi?
“Ripeto quello che ho sempre detto. Ci sono i processi e bisogna aspettare il loro esito. Gli agenti di custodia sono stati assolti. Quindi ho preso atto che un processo, fino in Cassazione, ha dichiarato assolti tre agenti di custodia che erano stati accusati”.

Però ora la storia è un’altra, gli imputati sono 5 carabinieri.
“Esattamente. Siamo al primo grado, quindi aspetto che il processo sia finito per determinare le responsabilità che ci sono e che ci possono essere”.

Secondo lei cosa è accaduto al povero Cucchi?
“Il mio pensiero è suffragato dalla perizia dei pubblici ministeri del primo processo e dalle perizie della Corte d’Assise d’Appello. Tutte concludono che non c’è nessuna relazione tra le eventuali percosse e la morte di Cucchi. Alla stessa conclusione arrivò anche l’indagine parlamentare della Commissione presieduta dall’ex sindaco di Roma, Ignazio Marino. La mia opinione attuale è quella dei medici che hanno fatto le perizie. Poi c’è la perizia di parte civile, quella della famiglia Cucchi, che sostiene che c’è relazione. Adesso c’è un processo che stabilirà, tra tutte queste perizie, d’ufficio, dei più grandi luminari italiani, e di parte civile, quale sono state le cause. Io mi rifaccio sempre agli atti e alle cose scritte. Le perizie finora depositate dalla pubblica accusa e dalla Corte d’Assise, hanno scritto quello che ho detto. I processi si fanno per determinare la realtà delle cose, non si fanno né al cinema né sui media”.

Qui però non siamo mica al cinema, siamo a Piazzale Clodio, dove non c’è una sala ma un’aula di tribunale…
“Esatto, i processi si fanno nei tribunali. Semmai, è l’avvocato Anselmo (Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi, ndr) a sostenere che i processi li vince sui media e non in tribunale. Io dico invece che i processi si fanno nelle aule di giustizia. Aspetto, serenamente, gli sviluppi del processo. C’è una bella dichiarazione di Anselmo, otto giorni dopo la morte di Cucchi, in cui dice ‘Giovanardi ha perfettamente ragione perché le cose che ha detto sono vere’…”.