Giustizia, riforma a puntate

Di Sergio Patti

Pure il Papa tornando dal suo viaggio in Corea ha fatto riferimento all’abuso della tortura nella giustizia, dicendo chiaramente che questo è un peccato mortale. Il pontefice faceva un discorso ampio, ma nelle carceri italiane, dove una percentuale altissima sconta una pena preventiva, questa tortura si tocca con mano. Troppi i casi di arresto per ottenere la confessione di un reato. E non finisce qui. Perchè anche nel civile la situazione è ormai tragica, con processi lunghi decenni che di fatto negano il diritto dei cittadini a ottenere giustizia. Di qui l’accelerazione sulla riforma che il Governo Renzi si è impegnato a presentare il 29 agosto. Un provvedimento che sta già infuocando il clima tra politica e magistratura. Il rischio è che non se ne faccia nulla e per questo il Governo avrebbe deciso di partire dalla parte più condivisa, il civile, lasciando in coda la più complessa parte penale. Un segnale inviato dallo stesso premier che ieri ha twittato “Iniziamo dalla giustizia, a cominciare da quella civile che oggi civile non è. Ne parliamo? #agosto”.

Terreno insidioso
Dopo anni di immobilismo o di piccoli aggiustamenti – che non hanno migliorato granchè la situazione, adesso ci si riprova con un governo di Centrosinistra dialogante però con la destra di Alfano e soprattutto Berlusconi. Ci saranno più possibilità di arrivare in porto? L’esecutivo di Romano Prodi che aveva tentato di agire sulla normativa cadde proprio su questa riforma, con il guardasigilli dell’epoca, Clemente Mastella, fermato dai Pm che gli arrestarono la moglie consigliere regionale in Campania. Ora ci riprova il ministro Andrea Orlando, ma nonostante i toni bassi della vigilia l’ala dura e pura delle toghe di Sinistra ha già fatto capire che su prescrizione, responsabilità civile dei magistrati, falso in bilancio e composizione del Csm sarà battaglia. E quando si va in battaglia con i giudici non si sa mai come si va a finire. Nel pacchetto, inoltre, c’è lo strumento principe di molte indagini – l’uso delle intercettazioni telefoniche – e nonostante su questo si sia già deciso uno scorporo e il rinvio, c’è chi teme un blitz per definire una volta per tutte la questione. Di qui la cautela su una riforma la cui traccia è stata mostrata nei famosi 12 punti presentati dal presidente del Consiglio il 30 giugno scorso. Sulla base di queste linee guida è però difficile come poi il Governo intenda dare corso alla promessa di ridurre i tempi e degli arretrati nella giustizia civile, oppure possa assicurare una corsia preferenziale per imprese e famiglie. Nel mirino, soprattutto i tempi della prescrizione dei reati, che hanno senz’altro favorito molti colletti bianchi. Per assicurarsi il massimo dell’agibilità possibile, lunedì scorso Orlando è salito al Quirinale per condividere il suo progetto con il presidente della Repubblica.

Un Far West al telefono
Tra i nodi restano dunque le intercettazioni, sulle quali il premier ha chiesto un contributo ai direttori dei giornali. Molte le proposte emerse, anche da La Notizia, per regolamentare un Far West. Come proposto in un editoriale del nostro direttore, Gaetano Pedullà, visualizzato da quasi 150 mila persone su Facebook, la pubblicazione sui mezzi d’informazione delle conversazioni registrate dagli inquirenti dovrebbe essere regolata dagli stessi magistrati, che si assumerebbero la responsabilità di stabilire cos’è attinente all’inchiesta e di interesse pubblico e cosa invece no. Ciò che viene pubblicato senza autorizzazione va invece sanzionato, senza però arrivare mai all’arresto del giornalista. Altre proposte ovviamente sono arrivate da altre parti, passando da chi non vuole regolamentare la questione, lasciando totale libertà di pubblicazione delle intercettazioni – come il direttore del Fatto Quotidiano, Antonio Padellaro – a chi invece chiede regole chiare, come ad esempio il direttore del Tg de La7, Enrico Mentana. Il 29 agosto è vicino. Vedremo se lo è pure la riforma.