Giustizia in-civile. Sulle toghe i problemi di sempre: servono riforme strutturali. Parla l’avvocato Taormina: al dibattimento più innocenti che colpevoli

I problemi della Giustizia italiana. L'intervista all'avvocato ed ex sottosegretario Carlo Taormina

“Il Primo presidente della Cassazione ha parlato dei ricorsi, degli arretrati….sono minestre riscaldate. Ogni anno abbiamo sempre gli stessi dati e gli stessi numeri”. Carlo Taormina è uno che conosce bene la macchina giudiziaria. Ci si misura ogni giorno da avvocato e ci si è misurato anche da politico.  “Quando un presidente della Corte di Cassazione ti viene a dire che i ricorsi sono troppi e così via, che significa? – ragiona con La Notizia – Che le sentenze di primo e secondo grado sono sempre più sbagliate. Se non fossero sbagliate, ci sarebbero meno ricorsi”.

Questione di logica, se vuole.
Certo. E di buon senso. Il punto è che rispetto al contenzioso esistente e rispetto alle modalità con le quali viene risolto, c’è una insoddisfazione totale.

Per quale motivo?
Molte cose sono state risolte aggravando la posizione del nostro ordinamento dal punto di vista delle garanzie. Prenda le casue civili…

Lì abbiamo una mole impressionante di arretrati.
Sa perché? È determinante questa storia della sentenza di primo grado dei giudici civili da cui deriva la immediata esecutività; è veramente una cosa folle, che peraltro crea una serie di problemi, dato che la decisione diversa in appello si traduce in un contenzioso ulteriore e così via.

La politica, però, è intervenuta.
Questo è il punto: i sistemi giudiziari sono come un mosaico, sono tante tessere. Pensare di modificarne una senza fare in modo che le altre abbiano a subire delle conseguenza, è il più grave degli errori che si possono fare.

Ed è stato commesso?
In civile tutto si è risolto attraverso due meccanismi: l’abbassamento delle garanzie e l’emarginazione del difensore dalla discussione delle cause. Si tratta di una situazione che prima o poi esploderà.

Addirittura?
Guardi, pensare di voler risolvere la questione dell’efficienza con l’eliminazione delle garanzie previste  dalla Costituzione credo che sia la cosa più becera che si possa fare.

E per il penale? Anche qui si registra un aumento delle pendenze…
Beh, col sistema penale siamo alla follia assoluta: il sistema è totalmente sballato.

Cioè?
Dobbiamo prendere atto che, attraverso una ipertrofia della pubblica accusa, abbiamo talmente svilito la fase dibattimentale per cui non  sappiamo più che cosa farcene. Spendiamo milioni di euro in trascrizioni e intercettazioni, ma non servono più a nulla i dibattimenti, dato che tutto è deciso già prima.

Allora secondo lei era meglio il sistema inquisitorio del codice Rocco?
Questo non lo dirò mai: sono stato uno dei promotori di questo codice (Vassalli, ndr). Però bisogna prendere il toro per le corna e dire: “Signori, abbiamo un sistema accusatorio che non funziona. Vediamo cosa dobbiamo fare”.

Perché la politica allora “non prende il toro per le corna”?
Perché oggi si legifera più con la pancia che con la testa. Ma è inevitabile vista l’incompetenza dei parlamentari. Si tratta per la stragrande maggioranza di persone che non capiscono niente di legge o di giustizia, che pensano solo a fare il comodo di qualche gruppo elettorale o di qualche lobby. E la magistratura ha gioco facile a imporsi sul potere legislativo: gli fa fare quel che più gli fa comodo non come servizio giudiziario, ma come potere di prevaricazione.

E il Parlamento sta a guardare?
La responsabilità principale è di una politica ricattabile, per cui c’è sempre la preoccupazione che ti possa succedere domani qualcosa e quindi cerchi di ingraziarti il sistema giudiziario. D’altronde l’ho vissuto in prima persona, quando ero al Governo.