Mentre 14mila famiglie sono in attesa di un alloggio popolare, a Roma sono in vendita 14mila alloggi popolari. Sembra un controsenso e probabilmente lo è. Frutto di scelte degli ultimi 20 anni che hanno avuto anche un’altra conseguenza: presto tutti gli edifici popolari della Capitale rischiano di essere al di fuori dell’anello ferroviario.
Sono questi i dati che emergono dallo studio realizzato dall’Osservatorio Casa Roma di Enrico Puccini e presentato da Sicet Cisl, Sunia Cgil, Uniat Uil e Unione Inquilini. Mentre si continua a vendere ogni giorno otto famiglie vengono sfrattate e non hanno una rete di protezione.
Alloggi popolari, i numeri dell’emergenza a Roma
Paolo Rigucci, segretario Siget Cisl Roma, spiega a La Notizia i numeri. Innanzitutto le famiglie in lista d’attesa per un alloggio popolare: erano 14.400 a dicembre 2020, ma negli ultimi due anni sono aumentate e si stima siano circa 18mila. Di fronte a “sfratti che quest’anno sono intorno ai 2mila, di cui il 90% per morosità incolpevole, cioè gente che non riesce a pagare l’affitto”, il Comune ha “calato la carta del Piano casa”, comprendendo anche l’aumento degli alloggi e stanziando risorse “importanti”: circa 220 milioni.
Ma finora c’è solo una delibera per acquistare 120 alloggi dell’Inps. E quanto deciso dalla Giunta Gualtieri è in “contraddizione” con gli effetti delle leggi del passato, con diversi piani di vendita per un totale di 14mila abitazioni. Contattato da La Notizia, anche Massimo Pasquini, della segreteria Unione Inquilini di Roma, parla di “politiche abitative fallimentari” che hanno messo in vendita il “30% del patrimonio pubblico”. Il Piano casa del Comune è “interessante e strutturale, ma serve metterlo in pratica”.
L’esodo forzato degli alloggi popolari verso la periferia
Una delle principali conseguenze delle politiche abitative di Comune e Regione degli ultimi 20 anni è che una volta terminate le vendite preventivate “nessuna casa popolare sarà più non solo nel centro storico, ma neanche nell’anello ferroviario”.
Le case in vendita sono soprattutto quelle all’interno dell’anello, insomma. Cioè in zone centrali e semi-centrali. “Stiamo buttando la gente fuori dall’anello ferroviario”, sottolinea l’esponente dell’Unione Inquilini. Rigucci ribadisce il problema: “Questo vuol dire che tra 10-20 anni ci saranno pochissime o non ci sarà più nessuna casa popolare dentro l’anello ferroviario: che disegno di città c’è, uno con la povertà ai margini?”.
Le richieste al Comune di Roma
Secondo Pasquini il Comune deve aumentare gli acquisti. Per esempio le case degli inquilini deceduti “in teoria andrebbero all’asta, invece noi chiediamo di farle tornare all’edilizia pubblica” e farle rientrare nella graduatoria. Poi bisogna andare oltre l’acquisto dei 120 alloggi Inps, puntando anche su altri enti e velocizzando le operazioni. “Dobbiamo fare un ragionamento su quale città vogliamo, una con la gente povera oltre il raccordo?”, si chiede.
“Una volta – prosegue Pasquini – la gente veniva espulsa dal centro storico, adesso dall’anello ferroviario”. Pur riconoscendo che il Comune “ha fatto uno sforzo”, l’Unione Inquilini chiede comunque di “accorciare i tempi”. Per il segretario della Siget Cisl, invece, il problema “non è che le vendite vanno lentamente, ma che ci sono”.
Bisognerebbe evitarle. Come? Non si possono fermare quelle di chi ha già opzionato l’acquisto, ma dove questo non è avvenuto si può fare. Spiega Rigucci: “A chi non ha opzionato dovrebbe essere dato del tempo – sei mesi, un anno – per decidere. Se non acquista rimane nell’alloggio popolare, ma l’abitazione esce da quelle in vendita e torna disponibile, così quando tutti i familiari della persona al suo interno non ci saranno più, allora verrà riassegnata”.