Case popolari colabrodo. Resta un miraggio il Superbonus a Roma. Gualtieri è già in ritardo. E nelle periferie monta la protesta

Case popolari colabrodo. Resta un miraggio il Superbonus a Roma. Gualtieri è già in ritardo. E nelle periferie monta la protesta

Case popolari colabrodo. Resta un miraggio il Superbonus a Roma. Gualtieri è già in ritardo. E nelle periferie monta la protesta

Non solo buche, autobus in fiamme ed eventi per il Giubileo 2025. Tra le eredità più spinose della giunta Raggi, il neo-sindaco Roberto Gualtieri s’è ritrovato il superbonus 110%. Sarebbe una mano santa per la manutenzione straordinaria e la riqualificazione energetica dei 25mila alloggi popolari di proprietà del Campidoglio che, in gran parte, versano in uno stato tra il degradato e il fatiscente. Ma a tutt’oggi Roma Capitale non ha mosso un dito per approfittarne, a differenza di molti comuni italiani come Bologna, Forlì e Padova, con Milano (100 milioni di investimenti) a fare la prima della classe.

L’assemblea capitolina aveva provato a dare la sveglia alla sindaca con una mozione approvata all’unanimità a fine maggio: “È una grande occasione che Roma non può lasciarsi scappare” spiegava la Pd Svetlana Celli, allora prima firmataria del documento e ora neo-presidente del consiglio comunale. “Consentirebbe, a costo zero per l’amministrazione, di adeguare sul piano energetico e sismico gli immobili comunali”.

ASSENZA DI PROGRAMMAZIONE. Riscontri? Zero. Mentre la regione Lazio, guidata da Nicola Zingaretti, annunciava un piano da oltre 300 milioni di euro con cui, grazie al supporto di Cassa Depositi e Prestiti e all’utilizzo del Superbonus, riqualificherà ben 36 ambiti territoriali che ospitano oltre 40 mila abitanti. Solo a Roma ci saranno interventi su circa 12mila alloggi.

Con un effetto paradossale: nelle periferie più disagiate della capitale, da Ostia al Tufello, da Torbellamonaca a Spinaceto, gli abitanti delle palazzine Ater vedranno entro gennaio 2022 l’inizio dei lavori, mentre, pochi metri più in là, il popolo dei casermoni costruiti dal Campidoglio tra gli Anni Settanta e Ottanta, in larga parte degradati e privi di manutenzione, ancora attende un segnale di vita.

IRA DELLE PERIFERIE. Le periferie scalpitano. “Il Superbonus 110% è in campo da oltre un anno, si doveva programmare una semplificazione delle procedure ben sapendo che la struttura amministrativa del Comune è incapace di mettere in campo una operazione così importante” spiega oggi Pino Galeota, presidente dell’associazione Corviale Domani. Inutilmente lui e altre associazioni, come Romainterrotta, avevano bussato alla porta di Virginia Raggi. “Ora tocca a Gualtieri dare una risposta, ma in fretta, perché i termini per avvalersi del superbonus ormai sono strettissimi”.

PROMESSE VANE. E lui, Gualtieri? In campagna elettorale aveva potuto sparare a zero con facilità: “La giunta Raggi non ha fatto nulla”. E promesso: “Una delle mie prime delibere da sindaco sarà quella di trasferire le case di proprietà del comune a Risorse per Roma, così da poter usufruire del 110 per cento”. I comuni, infatti, non sono soggetti IREF e non possono accedere direttamente del superbonus. Ma l’escamotage è dietro l’angolo, come hanno dimostrato molti sindaci, in primis Beppe Sala: basta attribuire il patrimonio comunale a una società partecipata (lui l’ha fatto con MM) rendendola “house providing”.

Ce la farà il Campidoglio ad avviare l’iter, e soprattutto a concluderlo, con scadenze così strette? E ce la faranno gli uffici, in eterna carenza di organico, a sfornare l’enorme mole di asseverazioni, certificazioni, perizie indispensabili per accedere al superbonus? Le premesse non sono grandiose. Come ben sa lo stesso Gualtieri, intervistato prima delle elezioni: “Gli uffici di Roma Capitale stanno lavorando male e lentamente”. Auguri.