Gli ultrà di un Paese che frena. I dati economici fanno male, ma i gufi di più

Ogni giorno ha la sua pena e da quando c’è il Governo gialloverde anche qualche brutta notizia sul piano economico

Ogni giorno ha la sua pena e da quando c’è il Governo gialloverde anche qualche brutta notizia sul piano economico. L’ultima novità è il calo del 5,5% della produzione industriale dell’anno scorso; un dato dunque riferito anche al periodo in cui era in carica il precedente Esecutivo. La frenata più evidente è però concentrata negli ultimi mesi e dunque agli analisti più faziosi questo basta per pronunciare un verdetto senza appello sulle disastrose politiche di Cinque Stelle e Lega.

Se però andiamo a cercare in cosa si è sbagliato ecco che non troviamo niente, sia perché molte delle misure inserite nella Manovra non sono ancora partite, sia perché le azioni già realizzate non hanno avuto tempo di produrre effetti. Molto più facili da trovare, e incredibilmente alla luce del sole, sono invece le responsabilità esterne al Governo, a partire da chi proprio in Italia ha preferito e preferisce ancora gli interessi di bottega a quelli degli italiani, nascondendo i veri motivi dell’economia che rallenta e continuando a rafforzare con la grancassa chi ha tutto l’interesse nel farci diventare più deboli e di conseguenza costretti a svendere i gioielli di famiglia. Partiamo allora dall’inizio e spieghiamo che l’economia non rallenta solo in Italia, ma ormai in gran parte del mondo. I motivi sono molteplici, a partire dalla frenata del Pil cinese e dalla guerra dei dazi scatenata dagli Usa per difendere le proprie imprese.

A questo va aggiunto il conto presentato da una globalizzazione mal gestita, che ha fatto esplodere i guadagni di finanza e information technology, impoverendo tutti gli altri comparti economici, a partire dai servizi e manifatturiero. La finanza, in particolare, ha goduto di un incredibile trasferimento della sua malattia più grave – la crescita a leva del debito – dal privato al pubblico, costringendo gli Stati ad aumentare il debito sovrano per salvare monete e banche, e non far saltare così tutto il sistema. Per evitare questi pericoli, tutte le banche centrali del mondo hanno immesso per anni una quantità quasi illimitata di denaro nei circuiti finanziari, riducendo questi sostegni proprio nel corso del 2018.

La Bce, per esempio, l’estate scorsa ha ridotto significativamente gli acquisti diretti di titoli e a dicembre ha chiuso del tutto questo programma iniziato nel 2015. L’effetto è stato un rialzo generalizzato degli spread, con un balzo più evidente per l’Italia, notoriamente gravata da un alto debito pubblico. Il quadro generale e la mancanza di difese hanno pesato però su tutti i Paesi, compresi quelli più virtuosi, tant’è vero che la stessa Germania vede la produzione industriale 2018 in calo del 3,9% e il mese prossimo potrebbe finire in recessione.

A fronte di questo il nostro Governo ha provato a imporre una strategia anticiclica, chiedendo di fare più debito per sostenere i consumi e assicurare un po’ di equità sociale in un Paese con cinque milioni di poveri. La risposta è stata quella che sappiamo, con lo scontro in Europa e alla fine la possibilità di usare pochissime risorse per gli investimenti. Si dirà che si potevano fare questi investimenti piuttosto che il Reddito di cittadinanza e Quota 100, ma anche queste due misure di spesa corrente avranno un impatto positivo sulla crescita, completando l’altra parte della spinta che invece è al momento fiaccata dal taglio alla spesa imposto da Bruxelles. Pensate solo cosa si potrebbe fare adesso con dieci miliardi in più da investire nei cantieri.

Il partito del rigore e dell’austerity europeo però non l’ha permesso, aiutato da chi in Italia sparava a zero contro il Governo a giornali e reti tv unificate. Gli stessi che oggi si lamentano degli investimenti che non si possono fare, quando non vengono mandati ai giardinetti a far compagnia all’ex direttore di Repubblica, giornale dove solo ora qualcuno si è reso conto che diventare l’organo ufficiale della campagna quotidiana di denigrazione delle politiche di M5S e Lega ha fatto scappare i lettori e soprattutto sta facendo male al Paese.