Green economy pilastro per la ripartenza. 1,6 milioni di posti di lavoro. Entro il 2024 sei su 10 occupati nel verde. Un settore già trainante nel Meridione

Green economy centrale per la ripartenza. Talmente centrale che nel nuovo rapporto del Censis e Confcooperative, presentato all’assemblea nazionale di Confcooperative, è stata indicata come uno dei tre assi su cui indirizzare la ripresa per uscire dall’emergenza Covid, insieme alle startup innovative e all’export. Scegliendo uno slogan inequivocabile: “Dopo le macerie la ricostruzione, ecco l’Italia che ce la fa”. “Le imprese green – ha dichiarato il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini (nella foto) – assumeranno entro il 2024 ben 1,6 milioni di persone, 6 ogni 10 nuovi posti di lavoro”.

IL PUNTO. In base al focus appena presentato, un contributo per cercare di uscire da un’emergenza sanitaria che a livello globale si è trasformata anche in una profondissima crisi economica, di 1,6 milioni di nuovi occupati previsti entro il 2024, 1,6 milioni avranno bisogno di competenze green, anche se solo 978mila di quelle strettamente legate alla sostenibilità ambientale. Un’idea che si è ormai fatta largo all’interno delle stesse imprese italiane. Il 75% di quelle analizzate da Cerved nel corso di quest’anno ha infatti dichiarato una maggiore sansibilità ai temi sociali e ambientali e il 57,1% ha dichiarato di voler orientare la propria attività sviluppando un maggiore impegno in iniziative di sostenibilità. Nello studio viene quindi specificato che tra le 700mila aziende che lo scorso anno hanno investito in competenze professionali green una su tre si trova nel Meridione. Un settore dunque dove una volta tanto il Sud Italia non rappresenta il fanalino di coda dell’economia nazionale.

LE IMPRESE. Appurato poi che 300mila imprese nello stesso periodo hanno investito in tecnologie che riducono l’impatto ambientale, il 31% delle quali sempre al Sud, e che il 45,2% delle imprese hanno annunciato di voler tradurre l’impegno nell’economia verde nell’adozione di un piano di sostenibilità a supporto della propria strategia aziendale, mentre quasi un quarto del campione ha avviato in questa fase di crisi azioni di sostegno alle comunità locali. Un dato che arriva al 62,5% se si prende in considerazione il segmento delle imprese con più di 50 addetti. Secondo il Censis e Confcooperative, inoltre, la “transizione green” è destinata in futuro a fare da traino alle dinamiche di trasformazione produttive e sociali che la pandemia ha reso sempre più urgenti. Un percorso del resto avviato da tempo.

LE PROSPETTIVE. La nozione di lavoro green è stata formulata dal Programma Ambientale delle Nazioni Unite più di dieci anni fa: i lavori sono verdi quando contribuiscono a ridurre le conseguenze negative per l’ambiente, promuovendo lo sviluppo di imprese ed economie sostenibili da un punto di vista ambientale, economico e sociale. E con il progetto “Green jobs training guidebook” l’Onu e l’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro, hanno provato a insegnare a studenti e curiosi il mondo dei lavori verdi già tre anni fa, uno strumento per misurare e costruire modelli sociali tali da sviluppare politiche climaticamente sostenibili.

Con lo scopo primario è quello di coinvolgere maggiormente le istituzioni, così da permettere agli Stati di acquisire l’abilità di sviluppare dei propri database statistici, modelli economici per pianificare e promuovere un cambiamento. “Vogliamo chiedere al Governo – ha sottolineato Gardini – che vadano rapidamente a terra i provvedimenti già adottati per le imprese, per la capitalizzazione, per il rafforzamento patrimoniale. Una sburocratizzazione che consenta di snellire le varie attività, in primis il codice degli appalti”.