Record di Green Pass scaricati. Ma non si capisce chi debba controllarli. A quattro giorni dall’entrata in vigore dell’obbligo regna ancora il caos

Regna ancora il caos a quattro giorni dall’entrata in vigore dell’obbligo di esibire il Green pass per poter usufruire di alcuni servizi.

Record di Green Pass scaricati. Ma non si capisce chi debba controllarli. A quattro giorni dall’entrata in vigore dell’obbligo regna ancora il caos

Andare al ristorante con il Green Pass “è come andare al cinema e mostrare il biglietto”. È il paragone del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, a proposito delle proteste dei ristoratori e degli esercenti per quanto riguarda i controlli del certificato verde (leggi l’articolo). “Certo non sono tenuti a chiedere la carta d’identità – ribadisce – e faremo una circolare come Viminale per spiegare che non sono tenuti a farlo. Nessun pretende che gli esercenti chiedano i documenti, i ristoratori non devono fare i poliziotti”.

Ma allora chi e come farà a verificare che i clienti dei ristoranti abbiano la certificazione valida richiesta? A quattro giorni dall’entrata in vigore dell’obbligo del green pass, per poter usufruire di alcuni servizi, dilaga il caos. Da un lato il ministro della Salute, Roberto Speranza, in un post sul suo profilo facebook si dice particolarmente soddisfatto dei numeri. Ovvero degli oltre “20 milioni di Green pass scaricati negli ultimi tre giorni. È un numero straordinario che – rileva il ministro – dimostra la sensibilità e la partecipazione dei cittadini del nostro Paese alla lotta contro il Covid”.

Seguito dalle dichiarazioni del sottosegretario Andrea Costa: “C’è la consapevolezza – ha spiegato – che il Green pass è quello strumento che ci permette di proseguire in questo percorso di riaperture graduali nel nostro Paese e di ritorno alla normalità. Questo – ha concluso – è lo spirito con cui lo abbiamo introdotto nella consapevolezza che il Green pass tutela e garantisce le libertà”.

Dall’altro lato invece ci sono i contraffattori del certificato verde che spacciavano documenti su Telegram a prezzi che variavano dalle 150 alle 500 euro cadauno. Nel mezzo, le regole “ancora da definire”, secondo il ministro Lamorgese, per la gestione dei controlli. Ma che lasciano presagire solo disagi e confusione.

“Le figure autorizzate alla verifica dell’identità personale sono quelle indicate nell’articolo 13 del d.P.C.M. 17 giugno 2021 con le modalità in esso indicate, salvo ulteriori modifiche che dovessero sopravvenire”. È quanto ha precisato il Garante per la Privacy, rispondendo ad un quesito rivolto all’Autorità dalla Regione Piemonte sull’attività di verifica e di identificazione da parte degli esercenti di ristoranti e bar. Tra i soggetti elencati dal Dpcm ci sono anche “i titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi” che possono richiedere agli intestatari della certificazione verde di esibire un documento d’identità.