Gridare “Palestina libera” non è giusta causa di licenziamento. Il tribunale dà ragione alla maschera cacciata dalla Scala

Il teatro alla Scala licenziò ingiustamente la maschera che gridò "Palestina libera". Dovrà risarcirla e pagare le spese di lite

Gridare “Palestina libera” non è giusta causa di licenziamento. Il tribunale dà ragione alla maschera cacciata dalla Scala

Gridare “Palestina libera” in un teatro, durante l’orario di lavoro, non è una giusta causa di licenziamento. Lo ha stabilito ieri il Tribunale di Milano nella sentenza con la quale ha condannato il teatro a risarcire la maschera licenziata per aver gridato il suo supporto alla Palestina.

La Fondazione Teatro alla Scala dovrà rifondere alla studentessa-lavoratrice – assistita dai legali del sindacato Cub –  tutte le mensilità dal giorno del licenziamento alla scadenza naturale del contratto (era a tempo determinato), inoltre dovrà pagare anche le spese di lite.

L’urlo della maschera davanti a Meloni, Giorgetti e Panetta

L’episodio era avvenuto il 4 maggio, quando alla Scala era in programma il concerto inaugurale dell’assemblea dell’Asian Development Bank, organizzato con il sostegno anche della Banca d’Italia e del ministero dell’Economia. La maschera aveva gridato “Palestina libera” poco prima dell’inizio, quando in sala erano appena entrati la premier Giorgia Meloni, il ministro Giancarlo Giorgetti, il sindaco di Milano Giuseppe Sala e il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta.

Subito dopo la 24enne fu licenziata, come denunciarono i Cub, spiegando che alla ragazza veniva contestato di “aver tradito la fiducia disobbedendo a ordini di servizio”. Una tesi sostenuta anche da Sala (il sindaco è il presidente del Cda della fondazione Scala), più volte sollecitato a intervenire per ritirare il licenziamento. Inutilmente.

Monguzzi: “Che figura per La Scala e il Comune di Milano”

“La Scala fa la figura dei padroni delle ferriere del secolo scorso”, commenta il consigliere Carlo Monguzzi, “Ma peggio ancora il Comune, perché ho chiesto tante volte al sindaco di intervenire e non lo ha fatto. Che tristezza, a Milano dove governa la sinistra, è stata licenziata una lavoratrice per motivi politici. Siamo rimasti a 100 anni fa”. “È una vittoria importante – commenta Jessica Todaro, Cub Milano – perché getta le basi a difesa di qualsiasi lavoratore che possa essere discriminato sui luoghi di lavoro per aver espresso un’opinione politica”.