Grillo abbraccia i suoi guerriglieri

di Vittorio Pezzuto

Ha dato la carica ai suoi, abbracciandoli riconoscente da buon capo guerriglia. All’indomani di due giornate tempestose, che hanno sconvolto il Palazzo come mai in precedenza, Beppe Grillo è calato a Roma per concordare con le sue truppe parlamentari, nel chiuso dell’Hotel Forum, tempi e modi di quella che ha definito la Nuova Resistenza. Ha esortato alla lotta in vista delle europee («Gli italiani hanno capito, cresciamo nei sondaggi»), riservato battute alla deputata Loredana Lupo («Questa è cattivissima… Questo Dambruoso, di Scelta Fisica, un po’ lo capisco»), concesso una complice pacca sulla spalla di Massimo De Rosa (querelato dalle deputate piddine dopo che le aveva accusate di essere state elette perché pompinare). Eppure, a quanto è trapelato, ha insistito perché i suoi pentastellati imbraccino adesso l’arma della dolcezza: «Gli altri ormai sono morti, fategli una carezza». Non vuole insomma che l’immagine del Movimento diventi quella di una falange urlante e aggressiva: «Io calco i palchi da 40 anni, voi no». Tradotto: se certe parole a lui sono concesse, il volto istituzionale dei Cinque Stelle deve invece essere improntato al sorriso e alla serietà. Niente Aventino, raccomanda, in aula e nelle commissioni. I cittadini usciti a suo tempo dalla lotteria online delle Parlamentarie devono essere preparati, duri e incorruttibili.
E poi occhio, avrebbe sottolineato, se qualcuno verrà condannato per qualche parola di troppo non potrà più essere ricandidato. In ogni caso il morale deve restare alto: «Stiamo facendo saltare i meccanismi, apriamo la scatoletta di tonno» del Parlamento. Quello che pensa della presidente della Camera lo aveva già scritto sul suo blog: «La Boldrini nel suo ruolo è inadeguata, impropria, miracolata. Lo sa lei, lo sanno tutti. Ha due meriti, piace a Napolitano e ubbidisce agli ordini e, per questo Regime, due medaglie così bastano e avanzano. La Boldrini deve andarsene e in fretta dalla Camera. Il presidente della Camera è un ruolo di garanzia del dibattito parlamentare. Lei ha tradito il suo mandato» per aver applicato, senza che ve ne sia traccia nel regolamento di Montecitorio, la cosiddetta “ghigliottina all’ostruzionismo scontro il decreto Imu-Bankitalia. «Ha agito motu proprio, con un abuso di potere, fatto votare in un minuto per scappare dalla porta di servizio. Non era mai successo nella storia della Repubblica, neppure ai tempi di Pajetta che scavalcava i banchi per colloquiare con i colleghi democristiani o ai tempi di Tambroni. Mai è stata messa a tacere l’opposizione con un atto di imperio di natura strettamente personale». Grillo sottolinea poi che «giovedì 29 gennaio la democrazia è morta. Si è accettato il principio che le opposizioni, quando disturbano il Potere, devono essere messe a tacere ad ogni costo. Prima le banche, poi i cittadini. I politici sono i camerieri dei banchieri e 7,5 miliardi valgono le messe di un’intera legislatura e la fine del confronto parlamentare. Boldrini a casa» è la sua sentenza finale. Grillo non fatto alcun accenno diretto al deposito formale della richiesta formale di messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica. Gli basta leggere la dichiarazioni del diretto interessato («Sono sereno per quel che riguarda la mia situazione personale, preoccupato per quello che riguarda il Parlamento» ha detto ieri Napolitano a margine della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario) e le reazioni sdegnate che questo atto continua a suscitare in tutto il mondo politico e istituzionale. La strategia è chiara: compattare i partiti nella difesa di Re Giorgio per convincere gli italiani che solo il Movimento 5 Stelle può rappresentare nelle urne una valida alternativa a un regime ormai putrefatto.