La “guerra dei dazi” tra Stati Uniti e Canada potrebbe presto avviarsi verso una tregua. Il governo canadese ha annunciato la revoca della tassa sui servizi digitali (Digital Services Tax, DST), introdotta nei confronti delle grandi aziende tecnologiche statunitensi, nel tentativo di sbloccare lo stallo commerciale con Washington e favorire la ripresa dei negoziati.
A confermare la svolta è stato lo stesso Ministero delle Finanze di Ottawa, secondo cui il primo ministro Mark Carney e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump hanno concordato di riavviare i colloqui con l’obiettivo di raggiungere un accordo commerciale entro il 21 luglio 2025.
“Per sostenere tali negoziati – si legge nella nota ufficiale – il Ministro delle Finanze e del Reddito Nazionale, François-Philippe Champagne, ha annunciato oggi che il Canada abrogherà la tassa sui servizi digitali (DST) in previsione di un accordo commerciale globale reciprocamente vantaggioso con gli Stati Uniti”.
Guerra dei dazi, il Canada revoca la digital tax sulle big tech americane per favorire un’intesa con Trump
La decisione arriva dopo mesi di tensioni tra i due Paesi, in un clima internazionale reso ancora più incandescente dal ritorno di Trump alla Casa Bianca e dalla sua linea protezionista. L’introduzione della tassa digitale, pensata per colpire i colossi americani del web come Google, Amazon, Meta e Apple, era stata interpretata da Washington come una misura ostile, alimentando il rischio di ritorsioni tariffarie in altri settori.
L’apertura del Canada rappresenta dunque un gesto distensivo che punta a prevenire una nuova escalation commerciale tra i due storici partner nordamericani. La scelta di Ottawa potrebbe inoltre rivelarsi strategica anche sul fronte multilaterale, in un momento in cui l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) sta tentando di coordinare una soluzione globale sulla tassazione dei giganti digitali.
Il presidente Trump ha più volte minacciato di imporre dazi punitivi contro i Paesi che introducono tasse unilaterali sulle aziende statunitensi, sostenendo che tali misure discriminano le imprese americane e minano le regole del libero commercio.