Ha fatto piangere tutti in tv con il dramma di sua figlia, affetta da una grave malattia. Appelli, raccolte fondi e Nazionale del cuore, ma era una bufala. Condannata

di Nicoletta Appignani

Una storia che fece commuovere l’Italia, quella della figlia di Luisa Pollaro. E che smosse trasmissioni tv, partite di calcio e donazioni in favore della sua malattia, la sindrome del lobo medio, che poteva essere curata soltanto in America. Un intervento complesso per porre rimedio a una patologia rarissima e letale, che provoca una condizione di collasso e di mancata aerazione di parte o di tutto un polmone. Piccolo dettaglio: una malattia di cui la bambina, per fortuna sana come un pesce, non soffriva.
Ma ora i genitori, artefici di una frode che ha coinvolto tutto il Paese, sono stati condannati dal Tribunale di Napoli a due anni di carcere.

Gli appelli
Video strappalacrime, dediche amatoriali su youtube, raccolte fondi, tutto per promuovere due libri: Voglia di vita. I miei giorni in ospedale e La vita continua tra gioia e dolore. Libri i cui proventi sarebbero stati destinati alle cure della bambina. Ed era proprio lei la scrittrice, a soli 9 anni. Diari in cui raccontava la sua speranza nel futuro, la sua fede. A pubblicizzarli tutti i migliori salotti della tv italiana, da Barbara D’Urso in giù. Ma non solo. Nel 2009 venne addirittura organizzata una partita del cuore, tra la Nazionale Italiana Attori e i rappresentati ”Assocentauri” della Polizia di Stato, finalizzata alla raccolta fondi per l’intervento chirurgico della bambina.

I primi dubbi
Ed è proprio questa partita, l’occasione in cui iniziano a sorgere le prime perplessità,. A notare qualcosa di strano è il comandante della polizia di stato di Fiumicino, Anna Sbardella. Accade infatti che la donna veda giocare il figlio, asmatico, insieme alla figlia di Luisa Pollaro. Una bambina che, a sorpresa, corre come una lepre. Al punto che il figlio di Anna Sbardella non riesce a starle dietro. Un evento praticamente miracoloso, al quale la poliziotta decide di far seguire qualche indagine. E l’epilogo arriva un anno dopo. Quando, alla redazione del programma televisivo Le Iene viene recapitata una lettera, che consiglia di indagare sulla strana vicenda della bambina. Detto fatto. Il falso caso viene svelato dalla trasmissione nell’ottobre 2010. E dopo 4 mesi Luisa Pollaro e il marito Vincenzo Ciottola, vengono arrestati.

Le vittime
Sono state moltissime le persone danneggiate da questa ingegnosa frode. Oltre ai conduttori dei vari programmi, che sponsorizzavano inconsapevolmente la truffatrice, c’erano anche tutte quelle persone che da casa si commuovevano di fronte alla storia di una bambina a un passo dalla morte, senza soldi per le cure.
Tra queste c’è anche Alice Bettin, che assistendo a un’intervista, decide subito di acquistare il libro e contattare Luisa Pollaro per offrirle il suo aiuto, promuovendo la raccolta fondi anche sui social network e occupandosi delle prenotazioni dei manoscritti.
La famiglia della bambina naturalmente accetta e per un po’ di tempo Alice si dedica alla causa. Fino a quando, in occasione di un evento benefico, si trova a ospitare nel suo appartamento Luisa e la figlia. Qui iniziano a sorgere i primi dubbi: troppe le incongruenze nei racconti, nessun medicinale e soprattutto, quando Alice chiede di vedere la bambina la sera, mentre dovrebbe essere collegata all’ossigeno, la madre le nega il permesso.

Il processo
A costituirsi parte civile nel procedimento è stato soltanto il calciatore Manuele Blasi, che dovrà ricevere 30 mila euro da Luisa Pollaro e dal marito Vincenzo Ciottola. Quest’ultimo è stato condannato a 1 anno e 7 mesi di carcere, mentre la moglie a 2 anni di reclusione. La pena è stata sospesa. Nella storia era inoltre coinvolta una terza persona, un amico della coppia, che ha però patteggiato venendo condannato a 1 anno e 8 mesi.
Ma non è finita qui. L’avvocato Sergio Pisani, il legale della coppia, ha infatti già presentato appello. Basato sul fatto che Luisa Pollaro sarebbe affetta dalla sindrome di Münchhausen per procura. Una malattia che avrebbe indotto la donna a credere davvero che la figlia avesse un malessere.
Difficile crederle, dopo ciò che è accaduto: 300.000 euro versati per un’operazione a Houston di cui la bambina non necessitava. E che, tra l’altro, secondo vari medici avrebbe potuto essere tranquillamente curata in Italia.