I dazi diventano un caso: Ue e Usa litigano sull’intesa

L'accordo sui dazi diventa un giallo, mentre il governo italiano resta in silenzio: nessuna traccia degli aiuti promessi.

I dazi diventano un caso: Ue e Usa litigano sull’intesa

L’accordo c’è. O forse no. E l’intesa sui dazi siglata da Donald Trump e Ursula von der Leyen dopo due giorni è già diventata un caso. Perché le versioni di Stati Uniti e Ue non coincidono. E mentre il governo italiano, in primis il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, resta in silenzio di fronte alla resa europea, l’accordo diventa un giallo. Nelle dichiarazioni riepilogative della Commissione Ue e della Casa Bianca emergono importanti differenze. Per esempio sul capitolo delle armi, con Trump che parla di un investimento di centinaia di miliardi in armi statunitensi mentre la Commissione di fatto nega. Le divergenze si registrano anche sulle barriere commerciali digitali che gli Usa vogliono abbattere, mentre l’Ue non si impegna in tal senso.

Divergenze anche sui prodotti alimentari e agricoli, così come sull’acciaio: l’Ue spera di ridurre le tariffe al 50%, mentre gli Usa le confermano. E infine non coincidono le due versioni neanche su semiconduttori e prodotti farmaceutici, su cui Trump potrebbe imporre presto i dazi. Da Bruxelles, forse dopo l’ondata di proteste nazionali che ha travolto von der Leyen, si cerca di frenare sull’intesa. L’accordo è politico e viene ritenuto “non giuridicamente vincolante” dalla Commissione, che parla di ulteriori negoziati per attuare l’intesa. Che, racconta sempre l’esecutivo Ue, è arrivata dopo la richiesta di Trump a von der Leyen di dazi del 30%, prima di scendere al 15% durante le trattative.

Le proteste contro l’accordo della Commissione continuano ad ampliarsi. E ora a Bruxelles vengono chieste misure concrete per sostenere le imprese. Sono 11 i Paesi membri – tra loro anche l’Italia – che chiedono alla Commissione di presentare “al più presto” una proposta per un nuovo quadro di protezione commerciale “contro la sovraccapacità siderurgica” operativo dal gennaio del 2026. Nel non-paper redatto su iniziativa francese si chiede quindi di proteggere l’industria dell’acciaio puntando a “riportare la quota delle importazioni agli stessi livelli del 2012-2013”.

Sui dazi il governo cade nel mutismo

In Italia, intanto, il governo continua a non sbilanciarsi e a preferire il silenzio. Soprattutto dopo aver definito soddisfacente l’accordo con gli Usa. E allora, c’è già chi nella maggioranza punta a distogliere l’attenzione dall’operato di Palazzo Chigi e di Giorgia Meloni, che doveva fare da pontiere con Trump. Evidentemente con scarso successo. Il leader leghista, Matteo Salvini, mette sotto accusa la Commissione Ue, non tanto per i dazi, quanto per le regole imposte alle imprese. E chiede a von der Leyen di azzerare il Patto di stabilità, da poco sottoscritto anche dall’Italia: “I vincoli e i limiti posti sono fuori dal mondo in questo momento”. L’obiettivo sembra però fallito, con Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi-Sinistra, Pd e +Europa che in Aula alla Camera hanno chiesto all’esecutivo un’informativa urgente sui dazi.

Così come successo pure al Senato, con il capogruppo dem Francesco Boccia che chiede a Meloni di riferire in Parlamento. Per i 5 Stelle è stato Stefano Patuanelli a chiedere che intervenga, “in via subordinata”, anche il ministro dell’Economia o quello con delega ai Rapporti con l’Ue o degli Esteri. Dalla maggioranza risponde il capogruppo della Lega, Massimiliano Romeo, che invita però l’opposizione a presentare una “mozione di sfiducia a von der Leyen” per “mandarla a casa, visto che si è arresa agli Usa”. Promettendo che la Lega voterebbe la mozione di sfiducia. Intanto il vicepresidente del Consiglio, Antonio Tajani, torna a parlare di aiuti agli imprese. Ma, come fa notare il Pd con Antonio Misiani, non si ha traccia dei 25 miliardi promessi da Meloni ad aprile per affrontare i dazi, con un piano oggi “scomparso dai radar”. Infine, avanza un sospetto il leader M5s, Giuseppe Conte, parlando di “Caporetto” sui dazi: “Se le cose continuano ad andare così, avremo una legge di Bilancio abbastanza dura” e Meloni potrebbe avere “la forte tentazione di andare a votare subito”.