I furbetti dei partiti e il pasticcio del 5 per mille

di Carmine Gazzanni

Soldi non assegnati, tetto non in linea con il volere dei contribuenti, un sistema farraginoso che rivela profonde incompetenze. E tanti, troppi, che godono alle spalle di chi, pur operando più marcatamente nel sociale, è costretto a beneficiare di pochi contributi. Ecco in sintesi lo stato del 5×1000. Questo, perlomeno, è quello che emerge dal quadro, tutt’altro che roseo, prospettato dalla Corte dei Conti. Lo si capisce, d’altronde, sin dalle prime righe: “la mancata stabilizzazione attraverso una legge organica […] ha prodotto inefficienze ed inutili appesantimenti burocratici”. Senza dimenticare che il quadro normativo “risulta confuso ed inadeguato”. Nemmeno sulla trasparenza si va tanto meglio dato che “le attività di coordinamento, controllo e garanzia delle amministrazioni interessate appaiono ancora insufficienti”. E ancora: tetto di spesa “in contrasto con le determinazioni dei contribuenti”, ritardi nelle erogazioni causa “dell’incertezza sulla disponibilità delle risorse per i beneficiari”, convenzione fra ministero del Lavoro e Agenzia delle Entrate “motivo di conflittualità e di allungamento dei tempi”. Insomma, la bocciatura è pressoché totale.

Gli esclusi
Quello che ne esce, alla fine, sono tante situazioni paradossali. Se da una parte infatti abbiamo diversi enti e fondazioni che godono delle falle di un sistema contorto e farraginoso, altri sono addirittura impossibilitati ad accedervi. È il caso degli enti di diritto pubblico, totalmente esclusi dall’ammissione al beneficio. Ciò – a detta della Corte – non sembra del tutto coerente con le finalità generali dell’istituto, se si presuppone che per alcune categorie (ricerca scientifica, ricerca sanitaria, Comuni), “la natura pubblica del beneficiario non osta all’attribuzione”. Basti pensare, tra i tanti casi, all’esclusione della Croce rossa italiana.

Fondazioni politiche
Di contro, però, ecco chi ne gode. A cominciare dalle fondazioni politiche che di sociale, almeno a un primo sguardo, hanno ben poco. Eppure l’associazione Magna Carta di Gaetano Quagliariello, ad esempio, è iscritta al fondo sin dal 2006 e “risulta ammessa al beneficio per tutti gli anni di iscrizione”; stesso discorso anche per Nuova Italia di Gianni Alemanno e Italianieuropei di Massimo D’Alema. Curioso il caso dell’associazione Liberal che, addirittura, “ha presentato domanda di iscrizione al contributo del 5 per mille nella categoria degli enti della ricerca scientifica”.
Ma tra i beneficiari non ci sono solo fondazioni politiche. Basti pensare alle tante e tante associazioni sportive, a cominciare dalle squadre di calcio. Per il 2011, ad esempio, l’Atletico Caltanissetta ha ricevuto quasi 35 mila euro, la Juventus San Michele di Foggia 17 mila euro, l’US Monteforte 13 mila euro. E poi, ancora, la Società Canottieri Milano (37 mila), il Tennis Club Siracusa (14), la Pallavolo don Bosco di La Spezia (10). Insomma, si ritrovano un po’ tutti ad accedere al fondo. Questo perché per le associazioni e le fondazioni basta semplicemente specificare il settore di attività sociale in cui esse operano. Peccato però che ”non venga richiesta l’esclusività o la prevalenza di queste, nel caso in cui l’ente ne svolga altre”.

I notai
Un altro grave problema sollevato dai magistrati consisterebbe nel fatto che l’attribuzione delle risorse in base alla stretta capacità contributiva fa sì che alcuni enti che possono raccogliere il favore di optanti abbienti ottengano, anche con un basso numero di scelte, somme assai rilevanti. Clamoroso ad esempio il caso della Fondazione Italiana per il Notariato che “con poco più di mille optanti, risulta sempre fra i maggiori beneficiari”: solo nel 2008 ha goduto di un contributo di quasi 800 mila euro. Nonostante i contribuenti fossero solo 1.081.