IdolaTria sulla Manovra. Troppi paletti dal Mef. Cinque Stelle e Lega non si fidano. Il ministro non cede sui vincoli Ue. E ora si temono riforme annacquate

Non bastano le parole di rassicurazione del ministro dell’Economia pronunciate ieri nel corso del Question Time in Senato in vista della scrittura dell’aggiornamento del Def e della Legge di Bilancio. I dubbi all’interno della maggioranza, nonostante tutto, restano. Si teme, infatti, che l’obbligo verso i vincoli europei su cui il ministro Giovanni Tria non vuole cedere d’un passo, alla fine porteranno a concepire una Manovra annacquata, sia sul fronte Flat tax che su quello relativo al Reddito di cittadinanza.

La giornata – Lo scollamento, già emerso nei giorni scorsi, è d’altronde evidente. Perché se da una parte parlare di scissione o rischio dimissioni per Tria evoca scenari inverosimili, è altrettanto vero che diverse linee di pensiero esistono eccome. Mentre il vicepremier Luigi Di Maio dalla Cina rilanciava le promesse del Governo, il titolare delle Finanze in Parlamento teneva la barra dritta, confermando sì la linea di apertura alle misure su pensioni e Reddito di cittadinanza, ma nel rispetto degli equilibri di bilancio cari all’Europa. Per lui l’argine di sicurezza si situa all’1,6% di rapporto tra deficit e Prodotto. Non un passo indietro. “Si conferma che l’obiettivo del governo è quello di assicurare la graduale realizzazione degli interventi di politica economica” contenuti “nel contratto di governo”, ha detto il ministro, ma “compatibilmente con le esigenze di mantenere l’equilibrio dei saldi strutturali di finanza pubblica”. Sulle misure forti per i Cinque stelle – le pensioni e il Reddito di cittadinanza da 780 euro – Tria ha spiegato che sono “in corso da tempo approfondimenti tecnici tra le amministrazioni coinvolte sia per la configurazione delle diverse misure sia per la definizione della platea dei beneficiari in linea con le indicazioni del contratto di Governo”. Quanto invece alla “Pace fiscale” voluta dalla Lega ha cercato di smorzare le polemiche: “Parlare di pace fiscale non significa varare un nuovo condono”, ma piuttosto significa “fisco amico” e “incremento della tax compliance”, con “iniziative di aiuto ai cittadini in difficoltà”. Ha definito “impossibili” allo stato attuale le stime di gettito dalla misura.

La flotta gialloverde – Che le parole di Tria siano servite soltanto a prendere tempo cercando di smorzare i toni, pare certo all’interno delle file gialloverdi. Se infatti il premier Giuseppe Conte da Salisburgo ha rassicurato tutti dichiarando che con Tria “siamo in piena fase di elaborazione della Manovra e dei suoi dettagli”, è altrettanto vero che il ministro per i Rapporti col Parlamento, Riccardo Fraccaro, fedelissimo del leader pentastellato Di Maio, non si è nascosto dietro a un dito: “Io non mi impicco sui numeri. Serve coraggio per fare una manovra espansiva che travalichi alcuni limiti anacronisti senza mettere in pericoli i conti pubblici. E per fare questo serve un Governo forte” perché “ci vuole coraggio nel mettere i diritti di fronte a logiche di mercato che sono preponderanti”. Come dire: caro Tria, serve più coraggio dinanzi ai diktat europei.Tra gli scontenti c’è senz’altro il senatore Elio Lannutti, ex presidente Adusbef e persona molto ascoltata dal garante pentastellato Beppe Grillo. Per Lannutti, Tria è “brunettiano” e, scrive su Facebook il parlamentare, “se continua così ostinatamente ad osteggiare il contratto di governo Lega-M5S, presto andrà a casa”. In un successivo post Lannutti rincara la dose: “Se non cambia idea, cambieremo presto ministro. La pazienza si è esaurita da tempo su questi piccoli dittatori, teleguidati da Ue e Troika”. Parole che danno la misura del livello di tensione all’interno della compagine grillina. E che si sommano alle dichiarazioni di Paola Taverna: “È giusto ricordare che un ministro accetta l’incarico di portare avanti un programma elettorale”, commenta sui social. Sul fronte leghista i ranghi risultano più serrati, ma il malcontento è palpabile, specie se si considera che il Carroccio, oggi primo partito, ha necessità di arrivare alle elezioni europee con un largo vantaggio. Da qui la diplomazia di Matteo Salvini: “Tria cauto? Fa parte del suo lavoro”.