di Monica Tagliapietra
L’Europa delle banche fa un immenso regalo alle banche americane e all’economia a stelle e strisce. Mentre gli Usa non possono più perdere tempo nel tenere ai minimi i loro tassi, la Bce ieri ha fatto capire che non ne approfitteremo, lasciando l’economia europea debole e dunque incapace di sfruttare sul serio i vantaggi di avere presto un euro sotto la parità col dollaro. Adesso che Francoforte doveva mettere tutta la benzina possibile nel motore, Draghi ha annunciato giusto sei mesi di proroga del piano di quantitative easing (l’immissione di liquidità monetaria), senza aumentarne gli importi. Contemporaneamente, ben rendendosi conto che l’economia europea non riesce ad alzarsi, la Bce ha alzato i tassi negativi sulle somme che le banche lasciano in deposito sul conto della stessa banca centrale, passato da -0,20 a -0,30%. Questo dovrebbe dissuadere gli istituti a non impiegare i soldi diversamente, possibilmente prestandoi a famiglie e imprese. Prestiti che non arriveranno.
STRATEGIA SUICIDA
Nonostante la ricetta si sia già dimostrata fallimentare (i tassi sono negativi da tempo, eppure se si va in banca avere un credito resta per molti difficilissimo) la Bce non cambia registro. Eppure non bisogna essere raffinati economisti o banchieri per capire che con le regole di Basilea le banche possono avere cento volte più liquidità di quanto non avvenga adesso, e alla stessa maniera non potranno prestare quei soldi alle imprese, avendo molti più vantaggi nel destinare quelle cifre sui mercati speculativi. In questo modo l’economia reale continuerà a restare a corto di ossigeno, lasciando il quadro generale depresso. Le ultime stime sulla ricchezza dell’eurozona non lasciano intravedere niente di buono. Il rischio deflazione resta altissimo e la crescita minuscola. Anche per l’Italia il quadro non è quello atteso dal governo e il Pil di quest’anno quasi certamente non arriverà al target del +0,9%, fermandosi uno o due decimali sotto questa previsione. Uno zero virgola di meno che non fa grande differenza, perché all’economia italiana serve salire di alcuni punti l’anno, se non altro per recuperare l’enorme perdita di ricchezza del lungo periodo della crisi. Solo in questo modo potrebbe ripartire sul serio l’occupazione e, a cascata, i consumi e il gettito fiscale con cui tenere sotto controllo il debito pubblico. Purtroppo invece non accade nulla di tutto questo e quando anche i tassi Ue ripartiranno saranno dolori.