Il bullismo e il cyberbullismo sono una piaga. Dati alla mano, in Italia un giovane su due è vittima di questi odiosi fenomeni

Il bullismo e il cyberbullismo sono una piaga. Dati alla mano, in Italia un giovane su due è vittima di questi odiosi fenomeni

Il bullismo e il cyberbullismo sono una piaga. Dati alla mano, in Italia un giovane su due è vittima di questi odiosi fenomeni

Da una parte un bullo, o un gruppo di bulli, dall’altra parte una vittima di bullismo, solitamente un ragazzo o una ragazza ritenuti diversi per etnia, religione, caratteristiche psicofisiche e orientamento sessuale. In mezzo una serie di comportamenti intimidatori, violenza fisica o verbale, che minano il senso di sicurezza e di autostima di chi li subisce, creando un grave disagio nel presente e gravi conseguenze per il futuro.

Il bullismo, e la versione declinata nel mondo digitale, il cyberbullismo, oggi sono considerati dei problemi di salute pubblica, perché determinano disturbi di ansia e umore, autolesionismo, deficit dell’attenzione e maggior rischio di sviluppare dipendenze da alcol e droghe. Secondo una rilevazione del 2022 promossa dal Ministero della Salute, infine, gli atti di bullismo subiti a scuola sono più frequenti tra gli 11 e i 13 anni e tra le ragazze: successivamente, l’incidenza tende a ridursi e si passa dal 19% circa al 9% circa.

Sono questi alcuni dei temi trattati da Luca Bernardo, direttore del dipartimento di pediatria dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano e già coordinatore del centro nazionale sul cyberbullismo, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.

Il bullismo è una piaga

“Un adolescente o un ragazzo su due sono stati vittime di bullismo o cyberbullismo, sono due facce della stessa medaglia e l’aggressività post-Covid la fa da padrona – ha esordito – La chiusura a casa per diverso tempo e l’utilizzo del web ha portato molti ragazzi, circa il 60%, a temere gli attacchi di cyberbullismo”.

“Se io prendo in giro qualcuno perché la sua squadra ha perso, o per i suoi capelli, questo può essere uno scherzo vicendevole. Se invece è unilaterale e reiterato, ripetuto tutti i giorni e su diversi aspetti, allora è bullismo – ha precisato Bernardo – Nei primi tempi il ragazzo di solito per vergogna, nonostante abbia subito un’umiliazione, nasconde il fatto e non racconta nulla per difendersi. Ma così peggiora il suo registro scolastico, non vuole trovarsi a scuola o in luoghi dello sport perché teme che lì i bulli possano colpirlo ancora”.

Contro l’emergenza bullismo serve un’azione decisa

Diventa dunque delicato per i genitori, prima ancora di affrontarli, venire a conoscenza di episodi di bullismo subiti dai propri figli: “I genitori devono comprendere i segnali. Non è detto che il ragazzo o bambino racconti di aver subito bullismo – ha spiegato il professore – Allora bisogna capirlo attraverso i cambiamenti di vita che ha, non voler improvvisamente andare a scuola o a una festa”.

“Si capisce che qualcosa non va, se ne parla con loro e poi col dirigente scolastico della scuola, iniziando con dei passaggi in cui in classe si parla di quanto successo. E poi c’è il terzo soggetto, lo specialista, che sia un pediatra o adoloscentelogo o psicologo a seconda del danno subito – ha aggiunto – Il mio consiglio ai genitori è di non essere mai amici del proprio figlio, è la cosa più sbagliata. Dovete dargli amore familiare, ma comprendere che serve un aiuto, quello del terzo soggetto, lo specialista”.

Fenomeno da combattere

E non è facile, ovviamente, per il giovane che ha subito bullismo venirne del tutto fuori: “E’ importantissimo che non decada l’autostima del ragazzo. Bisogna che in casa se ne parli, ahimé più del 47% di ragazzi o preadolescenti hanno subito bullismo e cyberbullismo, con tutto quello che ne consegue a livello di disagio, autolesionismo e altre cose – ha ricordato Bernardo – Bisogna parlarne, il problema deve venire fuori, il ragazzo deve dire cosa è successo”.

“I ragazzi che vedono episodi di bullismo, inoltre, dovrebbero intervenire come cintura di sicurezza, a difesa e non contro. Occorre recuperare autostima nel giovane, non diventando aggressivi, ma facendo un percorso con gli specialisti, la famiglia e gli insegnanti, parlando di questi temi e fortificando il ragazzo a livello psicologico”.

Non sempre, infine, lo Stato ha predisposto gli strumenti migliori per fronteggiare questa piaga: “Lo sportello psicologico fatto da uno psicologo a scuola non sempre può essere specializzato in questi temi, serve uno specialista di area – ha rivendicato – Il problema vero dello sportello è: quanti ragazzi sono così tranquilli da bussare a una porta in cui non c’è quella riservatezza di luogo rispetto agli episodi di bullismo? E’ un’ancora, sì, ma vanno coinvolti all’esterno famiglie ed esperti – ha concluso – E dobbiamo ricordare che in Italia, pur parlandone costantemente, non c’è ancora un programma nazionale fatto da specialisti contro il bullismo”.