Il Campidoglio può essere sciolto per Mafia. Il prefetto ora valuta l’ipotesi. Ma la pulizia è solo all’inizio

Il discorso è tanto chiaro quanto inquietante: il Comune di Roma dovrebbe essere commissariato. A lanciare la proposta è stato il Movimento 5 Stelle che, ieri, ha colto l’occasione per far esordire ufficialmente il suo nuovo direttorio nella manifestazione di protesta (con tanto di arance per tutti) in Campidoglio dopo l’inchiesta che vede coinvolti ex amministratori della capitale. Obiettivo dell’iniziativa? “Chiedere nell’incontro con il sindaco Marino che ci venga assegnata la commissione di Controllo, Garanzia e Trasparenza, soprattutto ora che il suo presidente Giovanni Quarzo è indagato per associazione di stampo mafioso” si legge in una nota dei 5 stelle. Luigi Di Maio, inoltre, è passato all’attacco: “L’unica forza politica che non figura nell’inchiesta romana è il M5s: siamo quindi l’unica forza politica che può e deve necessariamente pensare al futuro del Paese”. Per Alessandro Di Battista, invece, è necessario l’azzeramento della giunta Marino: “Chiediamo ufficialmente un incontro al Prefetto nelle prossime ore perché il Comune di Roma venga sciolto per mafia”. Le accuse, però, sono state rivolte anche contro Ignazio Marino il quale sarebbe “solo una foglia di fico in un sistema complesso gestito dai criminali. Senza che magari se ne sia reso conto. Questo non significa che Marino sia coinvolto. Quindi per incapacità non è degno di fare il sindaco a Roma”.

INDAGINI IN CORSO
Sulla questione i pentastellati appaiono decisi ad andare avanti. Tanto che ieri Di Maio e Di Battista hanno incontrato anche il prefetto Giuseppe Pecoraro il quale, in merito al possibile azzeramento del consiglio comunale, ha comunicato che verrà valutato lo status quo. “Il prefetto – ha detto infatti il capogruppo M5s alla Camera Andrea Cecconi – sa benissimo che la situazione è molto grave e che potrebbero esserci i presupposti”.

LE RAGIONI
La proposta, che ad alcuni potrebbe sembrare avventata, non lo è affatto. Il prefetto, infatti, ora dovrebbe inviare una commissione di accesso presso il Comune di Roma. La commissione dovrebbe valutare l’eventuale condizionamento malavitoso dell’ente. E, in caso affermativo, l’iter prevede che il prefetto invii la relazione al ministro dell’Interno che propone lo scioglimento per mafia, disposto da un decreto del Presidente della Repubblica. La ratio della legge è chiara e punta a contrastare il condizionamento mafioso dell’ente e prevede lo scioglimento quando emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su “collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori, ovvero su forme di condizionamento degli stessi”. Collegamenti che, stando all’inchiesta, non sono affatto lievi.

Terremoto politico

di Francesco Carta

L’ombra della cupola sulla capitale si tinge di colori sempre più foschi. È un fiume in piena quello che sta travolgendo il Campidoglio e la politica romana. E che, ora, rischia di toccare anche la Regione, dato che gli accertamenti della procura di Roma si stanno estendendo proprio in questo senso. Si vuole infatti capire il livello di infiltrazione dell’organizzazione capeggiata da Massimo Carminati nei palazzi di via della Pisana. Sale di livello, dunque, l’indagine della Dda della procura di Roma, che ha acceso un faro su quanto accaduto in questi anni nei palazzi romani. Dalle 1200 pagine di ordinanza di custodia cautelare firmate dal gip Flavia Costantini emerge un mondo incredibile e decisamente inquietante. Da ieri sono partiti gli interrogatori di 14 delle 37 persone arrestate. Ma nessuno ha resto la benchè minima dichiarazione: tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Ad eccezion fatta di Franco Panzironi che, però, ha semplicemente tentato di giustificarsi davanti ai magistrati.

I SEQUESTRI
Il mistero, dunque, si infittisce. Al centro del malaffare, un intricato business che riguardava appalti e tangenti, ma soprattutto un sistema di welfare che coinvolge case popolari e campi nomadi. E che potrebbe allargarsi a macchia d’olio. Basti pensare che in tutta Roma e nell’hinterland, agli arrestati sono stati sequestrati dal nucleo della polizia tributaria della Finanza beni per 204 milioni. Oltre a quote societarie di importanti aziende inserite negli appalti capitolini, sono stati sequestrati bar, ristoranti, pizzerie e locali della capitale. E poi decine di appartamenti a Roma e in Provincia, auto, moto e terreni. All’ex Nar Carminati sono stati sequestrati negozi e società a lui intestate, appartamenti a Sacrofano e, addirittura, la sede dell’associazione “Libertà e sviluppo” a lui intestata. Pesanti sequestri anche per gli altri arrestati illustri, come l’ex amministratore di Eur spa Riccardo Mancini e il presidente di “29 giugno” Salvatore Buzzi, a cui le Fiamme Gialle hanno posto sotto sequestro ben 7 macchine, vari immobili e diverse quote societarie.

CAOS TOTALE
In attesa di capire la piega che potrà prendere la maxi-inchiesta, le prime conseguenze non possono che essere politiche. Già nel pomeriggio di ieri, il sindaco Ignazio Marino ha firmato l’ordinanza di rimozione del dirigente Walter Politano (indagato) dalla posizione di direttore della Direzione Trasparenza. Si sono invece dimessi due esponenti del Pd Mirko Coratti e Daniele Ozzimo, rispettivamente presidente dell’assemblea capitolina e assessore alla Casa, anche loro invischiati in “Mafia Capitale”. Si è dimesso, ancora, anche il consigliere regionale Eugenio Patanè. Insomma, giornate di terremoto politico e criminale quelle che stanno squassando Romano, facendo tremare la nuova giunta Marino e radendo quasi al suolo il trascorso governo di Gianni Alemanno, indagato anche lui per 416bis e corruzione aggravata. Non va certamente meglio in casa Pd. Le dichiarazioni si sono inseguite per tutta la giornata. E alla fine Matteo Renzi ha deciso: il Pd romano è stato commissariato e affidato al presidente Matteo Orfini. A Roma è tutto da rifondare. Ora che l’impero (di Carminati) è caduto.