Il disastro dei Tar italiani: una valanga di ricorsi che bloccano il Paese. E i giudici intanto finiscono fuori ruolo

Pare proprio che in Italia funzioni così: la risposta a qualunque problema, la soluzione a qualsiasi presunta irregolarità, prende il nome di Tar...

Pare proprio che in Italia funzioni così: la risposta a qualunque problema, la soluzione a qualsiasi presunta irregolarità, prende il nome di Tar. Perché è così che vanno le cose: dagli appalti pubblici ai lavori infrastrutturali, dagli ulivi giù in Salento passando per i docenti esclusi dalla Buona Scuola, finendo addirittura agli esami di maturità (come capitato in passato), c’è la cattiva usanza di scrivere due righe, presentare un ricorso al Tribunale Regionale Amministrativo e aspettare, dopo anni, che arrivi una sentenza. Con l’aggravante che, poi, ovviamente si ricorre al Consiglio di Stato. E altre carte, altro tempo che scorre, altre lentezze inevitabilmente accumulate. Perché se è vero che, vedi per la carenza d’organico, vedi perché spesso i magistrati vanno in aspettativa o sono spediti a ricoprire incarichi fuori ruolo, la lentezza dei procedimenti è imputabile a chi quei procedimenti dovrebbe affrontarli e risolverli nel più breve tempo possibile, è anche vero che si fa ricorso alla giustizia amministrativa su tutto. Specie sugli appalti pubblici, con la conseguenza che poi vediamo – com’è capitato – infrastrutture realizzate dopo anni se non decenni poiché bloccate, appunto, da miriadi di ricorsi prima al Tar e poi al Consiglio di Stato, appunto.

Un disastro – I numeri, d’altronde, sciorinati dal presidente del Consiglio di Stato Alessandro Pajno all’inaugurazione dell’anno giudiziario, parlano chiaro. Nonostante l’arretrato si sia ridotto di oltre il 10%, i numeri restano clamorosi. Al 31 dicembre 2016 le pendenze amministrative hanno raggiunto quota 238.729 (oltre 212mila per quanto riguarda i Tar, 26mila per quanto attiene al Consiglio di Stato). Una montagna. Certo, un gran balzo in avanti rispetto alle 536.726 pendenze del 2010, ma c’è ancora, evidentemente, tanto da fare. Senza dimenticare che, intanto, i ricorsi continuano ad esser presentati a valanga. Solo nel 2016 sono stati presentati più di 54mila ricorsi ai Tribunali Amministrativi Regionali e oltre 10mila al Consiglio di Stato. E se si entra nel dettaglio, ne scopriamo ancora delle belle. Ad esempio: la maglia nera tra i vari Tar va a quello del Lazio dove i ricorsi pendenti sono poco meno di 60mila. Curiosi anche i dati della sezione distaccata di Catania del Tar Sicilia: solo qui le pendenze sono superiori alle 35mila.

Liberi tutti – Ma c’è anche un altro tassello per comprendere lo stato comatoso della giustizia amministrativa. Un usus che, più che influenzare direttamente la lentezza dei processi, è sintomo di una commistione poco opportuna. Parliamo dei magistrati fuori ruolo. L’ultima lista elenca 11 magistrati consiglieri di Stato, “spediti” in Autorithy, ministri e addirittura consigli regionali, come nel caso di Sergio De Felice che oggi è capo gabinetto di Vincenzo De Luca in Campania. Ammettiamo che arrivi un ricorso contro la stessa Regione al Consiglio di Stato: è plausibile parlare di potenziale conflitto d’interessi. Esattamente come nel caso, tra gli altri, di Roberto Garofoli, oggi capo di gabinetto del ministro Pier Carlo Padoan, o di Paolo Aquilanti, anche lui consigliere di Stato fuori ruolo e oggi segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Tw: @CarmineGazzanni