Il dossier della banca d’affari americana Citigroup lancia l’allarme sui titoli italiani. L’ultima interferenza dei poteri forti contro il governo Conte

Citigroup organizza le aste dei nostri Btp e Bot, ma consiglia ai clienti-investitori di non comprarne troppi

L’attacco ha del clamoroso. Sia chiaro, non è certo la prima volta che accade. Ma la questione, soprattutto con un Governo “sovranista” alla guida del Paese, non può che far riflettere. Ieri Citigroup, una delle più grosse banche d’affari americane, ha diffuso tra i suoi clienti-investitori una “dossierino” sulla situazione politica italiana. L’incipit è tutto dedicato alla solita questione degli equilibri all’interno dell’Esecutivo gialloverde e alla situazione del centrodestra, con il pronostico (peraltro già contenuto in un report precedente) di un possibile “takeover” amichevole della Lega nei confronti degli altri partiti di centrodestra. Insomma, nulla di eccezionale.

Semmai il diavolo si nasconde in un passaggio finale, troppo roboante, però, per non essere notato. In esso si dice che “è difficile trovare ragioni convincenti per conservare un eccessivo portafoglio di titoli italiani in questa bollente stagione estiva”. Senza troppi giri di parole, gli investitori-clienti della banca sono stati invitati ad alleggerire la loro posizione. Un allarme, in pratica, peraltro giunto in una giornata in cui lo spread è salito fino a sfiorare i 260 punti. Ma il punto vero è che questa analisi giunge da Citigroup, ovvero una delle 18 banche che oggi rientrano nell’elenco dei cosiddetti specialisti in titoli di Stato. Di chi si tratta? Semplice. Come da anni ricorda La Notizia, parliamo di quegli istituti a cui di fatto viene “appaltata” la gestione del nostro debito pubblico, visto che lo Stato si affida a essi per organizzare le aste dei nostri Btp e Bot, dietro lauti pagamenti, e questi stessi istituti si impegnano anche a garantire una determinata percentuale di acquisto. Dipende da loro, in sostanza, il successo di un’emissione obbligazionaria statale.

Di più, perché secondo le norme attualmente vigenti questi specialisti in titoli di Stato hanno anche un accesso privilegiato alla stipula con lo Stato italiano dei famosi contratti derivati, in pratica le scommesse sul cambio dei tassi che spesso si trasformano in un salasso. Si pensi, a tal proposito, a quante polemiche ha sollevato la chiusura, tra fine 2011 e inizio 2012, di un derivato con Morgan Stanley che è costato allo Stato un esborso di 3 miliardi di euro. Per questo la domanda che viene fuori è molto semplice, ma allo stesso tempo allarmante: perché Citigroup, che da una parte è nell’elenco di banche che dovrebbero aiutare il Governo nella gestione del debito pubblico, dall’altra consiglia agli investitori di non mantenere in portafoglio troppi titoli nostrani? Insomma, una specie di doppio gioco che sembra ricalcare un evento simile del 2016. Jp Morgan, allora consulente del Tesoro sul tema della “bad bank”, e allora come ora specialista in titoli di Stato, sfornò un dossier in cui consigliava “avoid italian banks”, ovvero “evitare le banche italiane”.