Il Garante non molla: “No alle dimissioni”. Intanto Meloni non risponde e Mollicone attacca Ranucci e Report

Stanzione: il garante non si dimette. Intanto Meloni la butta in caciara e Mollicone attacca Ranucci su tutto

Il Garante non molla: “No alle dimissioni”. Intanto Meloni non risponde e Mollicone attacca Ranucci e Report

“Nessuna dimissione. Noi agiamo in piena autonomia anche quando prendiamo una decisione scomoda”. Così ieri sera il presidente dell’Autorità garante della privacy, Pasquale Stanzione, in una intervista al Tg1 ha annunciato che non ha alcuna intenzione di smontare le tende. “Le accuse sollevate (dalla trasmissione Report, ndr) sono infondate, infatti non vi è mai stata una decisione del Garante assunta per ragioni diverse dall’applicazione della legge, in piena indipendenza di giudizio”, ha aggiunto.

Stanzione ha poi spiegato che “la narrazione del Garante come subalterno alla maggioranza di Governo è una mistificazione che mira a delegittimarne l’azione, soprattutto quando le decisioni sono sgradite o scomode”. E ha concluso: “dobbiamo ricordare che il Garante assume delle decisioni talvolta contrarie al governo, talvolta favorevoli allo stesso. E questa è la vicenda della autonomia. Quando la politica può gridare allo scioglimento o alle dimissioni non è più credibile”.

Una dichiarazione che arriva dopo giorni di scontri e polemiche a seguito delle inchieste di Report.

E ieri è andato in scena anche il duello a distanza ingaggiato dal parlamentare di Fratelli d’Italia e presidente della commissione Cultura alla Camera, Federico Mollicone, contro  Sigfrido Ranucci.

Le accuse di Mollicone a Ranucci

Mollicone, noto per aver dichiarato in passato guerra contro il cartoon Peppa Pig, ha accusato Ranucci e la sua redazione di “giornalismo militante e dannoso” e di “analfabetismo istituzionale”. Gli ha anche rinfacciato di aver iniziato la carriera a “Paese Sera” (“la disinformatja è rimasta nel sangue”, ha sibilato).

E, circa le rivelazioni sul Garante della privacy, Mollicone ha dichiarato: “Non sono certo queste ‘inchieste’ faziose che possono screditare un’Autorità indipendente. Tra l’altro, l’unico conflitto d’interessi dimostrato, ad oggi, è quello di Scorza – nominato in quota Cinque Stelle – che era consulente legale di Meta. Forse è lui che dovrebbe dimettersi. Nei sistemi democratici lo scioglimento di queste istituzioni non compete alla politica e quindi – conclude – non sarà certo FdI a difendere una gestione targata e votata da Pd e M5S”.

La risposta del giornalista: “Pensi a quanto ha detto sulla Strage di Bologna”

Immediata la risposta di Ranucci: “Mollicone dice che siamo degli analfabeti istituzionali e non conosciamo le leggi? Non è vero. A noi capita più spesso di trovare i politici che non conoscono le leggi che loro stessi hanno scritto. Se noi abbiamo la fedina penale ancora pulita è perché le leggi le conosciamo bene, e come”.

Circa i 5 articoli scritti per Paese Sera, Ranucci ha aggiunto: “Il fatto di aver partecipato a delle testate che potevano avere una colorazione non toglie nulla all’indipendenza dell’anima. Indipendenza che io ho. Piuttosto, Mollicone guardi quello che ha combinato nel tentativo di delegittimare le sentenze della magistratura sulla strage di Bologna: ha tentato più volte di dare una chiave di lettura non confermata dalle varie sentenze. E questo la dice lunga sulla indipendenza intellettuale di una persona”.

“Meloni non può dire che la vicenda del Garante Privacy non la riguarda”

Schermaglie con le seconde linee a parte, Ranucci ieri ha voluto rispondere anche a Giorgia Meloni, che si era chiamata fuori dalla bagarre riguardante l’Autorità: “Mi ha colpito la dichiarazione della premier”, ha commentato il conduttore, “quando ha detto che l’authority non è roba sua. La premier non può dire che quella roba non le interessa, che non è cosa sua, anche perché ci sono dentro dei membri eletti direttamente dal partito e anche dalla Lega”.

Ruotolo: “Assurdo che non si possa revocare l’Authority”

E sulle dimissioni in blocco dell’Autorità è continuata la polemica politica. “È assurdo che in Italia si possa chiedere l’impeachment del capo dello Stato e non si possano revocare i garanti per la privacy”, ha dichiarato il dem Sandro Ruotolo. “In un Paese normale – aggiunge – è il giornalismo che fa le pulci al potere, non il potere che fa le pulci al giornalismo come sta avvenendo in Italia con querele temerarie e intimidazioni contro Sigfrido Ranucci e la redazione di Report”.

“’Invece di buttare ogni volta il pallone in tribuna, la presidente del Consiglio farebbe bene a difendere sempre la libertà di stampa e la trasparenza delle istituzioni”, ha fatto eco l’Avs, Peppe De Cristofaro, “dopo quanto emerso dalle inchieste di Report, è evidente che il collegio del Garante della Privacy non è più indipendente, non è più credibile, per cui deve dimettersi subito’.

M5s: “Mai chiesto nulla a Scorza”

Per il 5S Stefano Patuanelli il garante “Non ha più la credibilità per andare avanti, è il momento di fare un passo indietro”. E su Guido Scorza, membro indicato in quota M5S, aggiunge, ‘mai chiesto nulla riguardo la sua attività, non chiediamo oggi un passo indietro’.

Intanto a Bruxelles von der Leyen prepara il suo centro di controllo sulla stampa

Ma i pericoli per la libertà di stampa arrivano anche dall’Europa, dove oggi sarà presentato il Centro europeo per la resilienza democratica, il cui scopo dovrebbe essere contrastare le campagne di disinformazione. “Dopo la Von der Leyen con l’elmetto vedremo Von der Leyen davanti a una lettera 43 intenta a scrivere le prime pagine dei giornali europei”, ironizzano gli eurodeputati M5s, Gaetano Pedullà e Danilo Della Valle.

“La Presidente della Commissione non ha nessuna autorità per bollare cosa è fake news e cosa non lo è. Giudichiamo altamente pericoloso questo Centro europeo”, aggiungono i due europarlamentari, “Dietro questo nome altisonante si nasconde il tentativo non troppo celato di condizionare gli orientamenti dell’opinione pubblica e della stampa libera”.

E concludono: “Per mesi ci hanno fatto credere che Nord Stream fosse stato fatto saltare da russi, quando poi invece si è scoperto che dietro c’era una operazione di intelligence ucraina. Questo caso dimostra che l`Ue non è immune alle fake news e questi doppi standard sono una iniezione letale per la credibilità della sua democrazia”.