Il grande bluff dell’Austerity. Ditelo alla Merkel

Dalla Redazione

Meno male che la politica del rigore avrebbe dovuto riassestare il debito pubblico. I dati dicono tutt’altro. La politica dell’Austerity finora, oltre ad aver portato al collasso famiglie e imprese, non ha prodotto effett. Negli ultimi dodici mesi, tra aprile 2013 e aprile 2014, il “buco” nelle finanze statali è cresciuto di 103,5 miliardi di euro, pari a una media di 8,6 miliardi al mese. Un ritmo che lo ha portato a superare la quota di 2.146 miliardi. Tale media è più alta rispetto a quella registrata nel periodo aprile 2012-aprile 2013, quando il debito si allargava di 7,01 miliardi al mese.

Questi i dati più rilevanti che emergono dal rapporto flash del Centro studi Unimpresa “Il debito pubblico italiano”. Secondo l’analisi dell’associazione, basata su dati della Banca d’Italia, negli ultimi due anni (da aprile 2012 ad aprile 2014) il “buco” nei conti della pubblica amministrazione è aumentato complessivamente di 187,6 miliardi di euro; oltre la metà dello stock aggiuntivo del periodo 2012-2014 è stato accumulato negli ultimi 12 mesi, arco di tempo nel quale il debito è salito di 103,5 miliardi. Nei dodici mesi precedenti la fetta di debito in più era stata pari a 84,1 miliardi.

Dati che dimostrano una crescita costante e a una velocità sempre maggiore: alla fine del 2012 l’ammontare del debito era a 1.989,5 miliardi; alla fine del 2012 il debito era a quota 2.069,3 miliardi.

“Questi dati – dice il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi – confermano che la politica del rigore attuata negli ultimi anni, si rivela insufficiente non solo per la salute dei conti statali, ma anche sulle prospettive. Le scelte dei vari esecutivi, Monti, Letta e pure Renzi, hanno colpito le poche speranze di ripresa dell’economia”. Secondo Longobardi, “per salvare le micro, piccole e medie imprese deve essere abbattuta la pressione fiscale con interventi seri e rigorosi, non più rinviabili. Adesso basta con l’austerity, giù le tasse”.