Il Jobs Act e la tormenta della campagna elettorale

La campagna elettorale per le Europee è iniziata, non ci sono dubbi.
A incalzare il Pd e a prendere di mira le misure economiche annunciate dal governo guidato da Matteo Renzi sono da un lato il Movimento 5 Stelle, dall’altro Forza Italia: prima l’uno e poi l’altro, entrambi utilizzano un articolo dell’Economist che “boccia le promesse di Renzi” ma che però è dei primi di marzo.
Tutto accade, peraltro, alla vigilia di un appuntamento che si preannuncia rovente: martedì, infatti, nell’aula del parlamento prenderà il via la discussione sul decreto lavoro, uno dei punti cardine delle riforme volute dal presidente del Consiglio e dal ministro Giuliano Poletti.

Dal punto di vista politico bisogna capire che cosa succederà al testo, che è stato già modificato, ma che è ancora bersaglio di critiche sia all’interno che all’esterno della maggioranza. Nell’ambito di quest’ultima infatti, mentre Ncd (che in commissione non ha partecipato al voto) e Scelta Civica (che in commissione si è astenuta) vedono nelle modifiche un indebolimento dell’architettura della legge con un cedimento alle richieste di sinistra e sindacati, per l’ala sinistra del Pd invece non si è ancora fatto abbastanza.
E quest’ultima avverte: se il governo richiederà la fiducia lo dovrà fare sul testo uscito dalla commissione.

Grillo intanto è tornato a rincarare la dose e ad attaccare l’esecutivo dalla home page del proprio blog. Il Nazareno gli manda una replica via Twitter, ma a catena si scatena ‘Il Mattinale’, vale a dire la nota politica stilata dal gruppo di Forza Italia alla Camera che si riconosce in Renato Brunetta.

Si legge sul blog di Grillo (un post anonimo, riferibile pertanto allo stesso ‘garante’ del Movimento): “Il M5S abolirà il fiscal compact, il pareggio di bilancio in Costituzione e vuole ridiscutere tutti i trattati che ci vincolano all’Europa”. Di fatto, si tratta di una sintesi del programma grillino per le europee. “I partiti che hanno approvato queste regole – continua il post – sono gli stessi che ora siedono in parlamento. Il Pd non ha alcuna intenzione di rivedere questi vincoli assurdi che distruggeranno il tessuto sociale e imprenditoriale dell’Italia. La prima cosa che ha fatto Renzie appena nominato presidente del Consiglio, con 136 voti di suoi colleghi di partito alla direzione del Pd, è stata quella di andare dalla Merkel (Angela, cancelliere tedesco, ndr) e assicurarle che l’Italia rispetterà il fiscal compact”. A seguire, l’ironia sugli slogan elettorali scelti dal Pd per il voto del 25 maggio (in concomitanza, si terranno anche le amministrative): “E’ la promessa elettorale del Pd agli italiani, riassunta in un manifesto: 50 miliardi di euro di tagli l’anno per il fiscal compact, glielo chiede Angela“.

Ma a scagliarsi contro Renzi è, di nuovo, anche ‘Il Mattinale’, che – al pari di ciò che Grillo ha scritto il giorno di Pasqua – utilizza un articolo dell’Economist di qualche tempo fa per lanciare strali contro il premier: “Anche l’Economist si è accorto che Renzi è solo uno che parla, parla, parla e basta. Lo ha scritto in un articolo: Il problema più grosso di Renzi è che ha promesso una riforma al mese da qui a giugno: quella sul lavoro, sulla burocrazia e sul sistema fiscale. Ma non ha messo polpa nella scarna proposta per un nuovo contratto di lavoro, o sull’estensione a tutti del sussidio di disoccupazione. Il settimanale britannico fa a Renzi le stesse critiche che gli muoviamo noi.