Il massacro di Giulio Regeni, il regime egiziano continua a insabbiare tutto. Il ministro della sicurezza nega l’arresto del ricercatore italiano

La guerra diplomatica sulla morte del ricercatore italiano Giulio Regeni prosegue. Senza esclusione di colpi. L’Italia accusa, l’Egitto risponde. Il ministro della sicurezza egiziano Magdi Abdel Ghaffar replica alle accuse e afferma che il 28enne italiano “non è mai stato arrestato. Non è una spia, non è questo il metodo utilizzato dal nostro apparato di sicurezza”. Il ministro invita ad attendere i risultati ufficiali dell’autopsia. Fatto sta che dalle stesse forze egiziane arriva la conferma che qualcosa di misterioso è accaduto. Comprese le violenze sul corpo di Regeni.

LA VERSIONE NON CONVINCE – Secondo quanto spiegato dal ministro egiziano “Il corpo è stato ritrovato sopra il cavalcavia Hazem Hassan sull’autostrada” del deserto tra Il Cairo e Alessandria “ed è stato scoperto da un autista di taxi la cui vettura era finita in panne”. Una versione che non può convincere l’Italia che, attraverso il ministro degli Esteri Gentiloni, ha ribadito di volerci vedere chiaro e, parlando al quotidiano La Repubblica, ha affermato: “Non ci accontenteremo di verità di comodo”. I genitori del ragazzo italiano ucciso assicurano che Giulio non aveva nemici, né si sentiva in pericolo. Gli amici di Regeni hanno lanciato una petizione per chiedere la massima trasparenza sulla vicenda e, in poche ore, hanno raccolto migliaia di firme. Arrivare alla verità sarà difficilissima. Perché, al di là delle rassicurazioni egiziane, l’Italia è di fronte a un regime militare. Pronto a insabbiare tutto. Di fronte al corpo di un ragazzo massacrato.