Il Milan non vede più “rosso”. Bilancio vicino al pareggio

di Marcel Vulpis

In attesa di staccare il biglietto per la prossima edizione della Champions League, il Milan torna a sorridere anche sul piano dei conti societari. I rossoneri, che ieri hanno approvato i bilanci di esercizio al 31 dicembre 2012 di Ac Milan e Milan real estate, tornano a superare il tetto dei 300 milioni di euro, con un valore netto della produzione pari a 329,3 milioni di euro. In netto aumento rispetto al 2010-11, quando il giro d’affari complessivo aveva raggiunto i 266,2 milioni. Migliora nettamente anche il margine operativo netto, uno degli indici più importanti di redditività, passando dai -74,2 milioni di euro dell’esercizio precedente ai +5 milioni del 2012. Il risultato più interessante è quello dei -6,9 milioni di euro di perdite (dato che include il pagamento dell’Irap, tassa unica nel suo genere in tutta Europa) a fronte dei -67,3 milioni dell’anno 2011.
In appena 365 giorni il Milan ha messo a frutto la politica di austerity fortemente voluta da Adriano Galliani e, proprio nella stagione (2013-14) di partenza del progetto di fair play finanziario, la società di via Turati è già con i conti a posto, visto che lo sbilancio “tollerato” dall’Uefa è fino a 45 milioni di euro per il triennio 2012-14.
Significativo, sempre sui dati di questo bilancio, il valore delle plusvalenze per 53,4 milioni di euro. Al netto di questa voce infatti il fatturato ammonterebbe a 275,9 milioni. Altri fattori, però, hanno concorso a far crescere il volume del business rossonero: 6,2 milioni di euro di incremento dei ricavi da gare (serie A e Champions League), 19,7 milioni di crescita delle revenue da vendita dei diritti audiovisivi per la partecipazione ai quarti di finale di Champions (nella stagione 2011-12), 5,1 milioni di incremento dalla vendita dei format campionato e coppa Italia ed infine 3,3 milioni di crescita legati allo sviluppo della commercializzazione della “Library Milan”. In sintesi, i ricavi da gare hanno raggiunto quota 33,7 milioni di euro, le sponsorizzazioni e altri proventi commerciali i 79,7 milioni, e i proventi tv-diritti coppe internazionali i 139,8 milioni, di cui 84,3 milioni dalla vendita di diritti audiovisivi e 55,4 milioni di euro dai diritti tv di competizioni europee.
Il terzo posto provvisorio del Milan in classifica, che garantirebbe l’ingresso in Champions, dalla porta dei preliminari, è, comunque, un miracolo tecnico-sportivo, considerando che la campagna trasferimenti della scorsa estate ha fatto registrare un bilancio positivo per 37,9 milioni, con investimenti per 16,5 milioni e cessioni (di molti pezzi pregiati come, per esempio, il brasiliano Pato) per 54,4 milioni di euro.

Il confronto con le altre “big”
Il calcio italiano deve ancora uscire dal tunnel della crisi, e, a conferma di questa tesi, vengono in soccorso i dati della scorsa stagione, quando solo il Napoli con 15 milioni di euro di utile, seguito dall’Udinese (+8,8 milioni) e dal Catania (+4,3 milioni), è salito sul podio dei club “virtuosi”. Il numero delle società con dati in utile è complessivamente arricchito da altri cinque club (Lazio, Siena, Chievo Verona, Cesena e Cagliari), ma non si tratta di realtà troppo blasonate a livello sportivo.
La serie A, sempre nell’ultima stagione, ha fatto registrare, tra costi e ricavi, una perdita complessiva di 292 milioni di euro. La Juventus, nel 2011/12, ha presentato buoni segnali di ripresa (giro d’affari per 213,8 milioni di euro e perdita di esercizio per 48,7 milioni), l’As Roma è scesa a 115,9 milioni di euro (valore giro d’affari), con un segno meno pari a 58,5 milioni (perdita d’esercizio), ma è soprattutto l’Inter a preoccupare di più in vista della partenza del progetto del fair play finanziario.
I nerazzurri, pur in presenza di ricavi per 235,6 milioni, non sono riusciti a ridurre il livello delle perdite, che hanno raggiunto quota 77,1 milioni. Difficile che il club milanese possa, in questo nuovo esercizio, presentare dati di bilancio più brillanti. Non è difficile immaginare che l’Uefa possa ammonire la società lombarda per non essere stata in grado di bilanciare i costi con i ricavi, ma è da escludere che si possa arrivare all’esclusione dalle coppe o all’emanazione di multe o pene pecuniarie.