Il Movimento 5 Stelle riparte da Conte e dalla vocazione a essere “scomodi”

Conte è stato riconfermato presidente del M5S. Si ricompone la frattura con Appendino ma rimangono alcune questioni irrisolte

Il Movimento 5 Stelle riparte da Conte e dalla vocazione a essere “scomodi”

La riconferma di Giuseppe Conte alla guida del Movimento Cinque Stelle, con l’89,3% dei sì pari al 58,67% degli iscritti aventi diritto al voto, era scontata ma non per questo meno significativa. È una riconferma che ha il senso della ricomposizione di una frattura dopo momenti di tensione, con le dimissioni dalla vicepresidenza di Chiara Appendino, e della legittimazione della linea contiana.

Le tensioni nel M5S alla vigilia del voto

L’ex sindaco di Torino aveva lasciato l’incarico pochi giorni prima dalle votazioni in polemica proprio con la postura del presidente, ritenuta troppo schiacciata sul Pd. “Dobbiamo avere il coraggio di cambiare traiettoria”, aveva scritto sui social Appendino. Sebbene già venerdì scorso, a votazioni on line in corso, Appendino avesse annunciato di aver scritto sì alla richiesta di riconferma di Conte come presidente, spiegando di essere stata convinta al dietrofront da un intervento del leader del giorno prima.

La ricomposizione della frattura

Giovedì scorso l’ex premier era intervenuto sui social con quello che sembrava essere proprio un avviso a Chiara Appendino e agli alleati. Ma soprattutto il suo suonava come un appello agli iscritti con temi e toni che ricordavano quelli delle origini. Il senso dell’appello stava tutto in un aggettivo: “Siamo scomodi più che mai”, aveva detto chiaro e forte Conte.

“Lo siamo stati quando abbiamo introdotto il reddito di cittadinanza, con lo spazzacorrotti, con il codice rosso. Durante il covid siamo andati in Europa e abbiamo portato 200 miliardi. Siamo stati scomodi con Draghi. E in tante altre occasioni, con la legge sul conflitto di interessi, o quando abbiamo contrastato il SalvaMilano”.

E ancora: “Siamo in un’area progressista, ma in modo indipendente”.

Alleati col Pd? Conte: sì, ma non troppo

Il Pd? “Non siamo alleati. Lo saremo – aveva spiegato l’ex premier – se e quando riusciremo a definire un programma di forte impronta progressista, con le politiche su immigrazione, sicurezza, con la politica estera. Se si definirà quel programma allora potremo dire che siamo in coalizione, non prima”.

Questioni irrisolte nel M5S

Ma se il voto ha ricomposto la frattura con Appendino e con quelli che la pensano come lei, ha lasciato sul tavolo una serie di questioni irrisolte. La forza politica guidata da Conte continua a soffrire nelle elezioni territoriali, come hanno messo in luce le ultime elezioni regionali nelle Marche, in Calabria e in Toscana. Soffre quando corre alleato col Pd, e una buona parte del suo elettorato preferisce stare a casa, e soffre pure quando corre con un suo candidato anche se in misura meno marcata.

Nel M5S “va tutto bene? Non sto dicendo questo. Bisogna intervenire per miglioramenti e correzioni. I gruppi territoriali hanno il problema del finanziamento. Alcuni gruppi non lavorano bene, non si aprono a nuovi ingressi, e cercano di fare un orto chiuso. Non è questa la vocazione che ci serve per essere più incisivi sui territori”, ha argomentato Conte.

Un’ammissione di responsabilità e consapevolezza. Che il Movimento agli appuntamenti territoriali con l’elettorato abbia ancora molta strada da fare per risalire la china è un dato di fatto sotto gli occhi tutti. E richiede un grande lavoro. Nelle competizioni locali le grandi battaglie condotte a livello nazionale su pace, riforme e welfare, pagano meno.

Prossimo test: la Campania

Occorre trovare altre motivazioni. Il prossimo test sarà a fine novembre in Campania, Puglia e Veneto. Ma gli occhi sono puntati sulla Campania dove il candidato alla presidenza della Regione è Roberto Fico, ex presidente della Camera e pentastellato della prima ora.

Sarà quello il test decisivo per Conte, per confermare la sua leadership e la bontà della sua linea. Per avvalorare la tesi che essere “scomodi” conta di più che accodarsi al “testardamente unitari” della segretaria del Pd, Elly Schlein.