Il pasticcio del corso di polizia

di Angelo Perfetti

Il dato sulla tempistica ci dice che una graduatoria stilata nel 2013 potrebbe diventare definitiva solo nel 2016. Quello nel merito del corso ci dice che fino ad allora nessuno può sentirsi titolare del posto di Commissario che attualmente occupa, né della sede di destinazione, né dell’incarico di comando che esplica. Certo, non è in ballo l’eventuale annullamento dell’intero 102^ Corso di formazione per Commissari di Polizia di Stato, ma le graduatorie finali sì. È l’ennesimo episodio di un’Italia che sui concorsi pubblici, per colpa di una burocrazia sempre più complicata e dell’intervento dei Tribunali, spreca tempo, soldi e risorse.
Il Tar del Lazio, dando seguito a un ricorso presentato dall’avvocato Emanuela Mazzola, ha infatti rinviato all’udienza del 12 febbraio 2015 (eventualmente appellabile al Consiglio di Stato) la definizione delle graduatorie del corso di formazione per Commissari bandito dal Ministero dell’Interno. La questione è complicata. Per essere ammessi al corso, bisogna prima passare un concorso. Solo che la polizia non usa il metodo dei posti riservati agli “interni” nel contesto di un concorso pubblico, ma fa proprio due concorsi diversi, uno pubblico e uno interno. Il voto finale di quest’ultimo – a differenza del concorso pubblico – prevede anche una valutazione dei titoli. Chi passa queste due prove viene ammesso al corso di formazione, che a sua volta vede una classifica finale, le tanto contestate “graduatorie”. Contestate perché se è vero che tutti coloro che passano diventano Commissari, è anche vero che chi ha maggior punteggio può scegliere la destinazione più comoda e, in caso di convivenza nello stesso ufficio, avere il posto di comando rispetto a un collega. Non sono mica cose di poco conto. Ecco perché quando ci si è accorti che nel giudizio finale qualcosa non era andata per il verso giusto, c’è chi ha pensato di ricorrere al Tar. In particolare ci si è accorti che, contrariamente a quanto era affermato dalla norma vigente (che peraltro nel frattempo è stata cambiata) il voto finale (composto dal voto di fine corso più il voto del concorso) aveva visto sottratto dal totale il voto relativo ai titoli per gli “interni”. Un pasticciaccio tutto italiano, l’ennesimo quando si parla di Concorsi, e in particolare di concorsi riguardanti le forze dell’ordine, che vede mischiata burocrazia, norme complicate cambiamenti in corsa e ricorsi alla magistratura. Insomma, la solita atavica perdita di tempo e denaro. Ancora una volta sulla pelle dei poliziotti e degli aspiranti tali, che per avere la certezza del proprio posto dovranno aspettare ancora un paio d’anni.