Il Pd non si fida di Forza Italia

di Vittorio Pezzuto

«Improprie e improvvide». Così il senatore piddino Miguel Gotor giudica le aspre dichiarazioni rilasciate da Deborah Serracchiani contro il presidente di Palazzo Madama. «Tutta presa dalla sua furia polemica ha dimenticato che un parlamentare esercita il proprio mandato rispondendone alla nazione, a maggior ragione se si tratta della seconda carica dello Stato. Con il suo infortunio, la vicesegretaria del nostro partito ha insomma dato prova di analfabetismo istituzionale. Tra l’altro la distanza di vedute tra il presidente Grasso e il premier ha anche importanti elementi in comune. Renzi ha infatti rinunciato all’idea di abolire il Senato (coltivata fino a un paio di mesi fa) ed entrambi sono a favore di un sistema bicamerale che preveda un Senato che non vota la fiducia al governo, che non vota il bilancio dello Stato e che non dovrà assicurare una doppia lettura ai provvedimenti votati dalla Camera».
I vostri capigruppo Speranza e Zanda vogliono procedere prima all’approvazione in prima lettura della sua riforma e poi alla votazione definitiva dell’Italicum. Una scelta che Forza Italia contesta.
«Ho l’impressione fondata che l’accordo tra Renzi e Berlusconi abbia riguardato soltanto la l’Italicum, con un’adesione molto distratta e in subordine alle riforme costituzionali. Per convincersene è sufficiente leggersi le quotidiane dichiarazioni di Renato Brunetta. E comunque la nostra scelta è corretta, per ragioni di logica costituzionale e di opportunità politica. Sarebbe infatti bizzarro che il Senato approvasse l’Italicum con la promessa implicita di autoriformarsi: ci troveremmo nell’illogicità della convivenza di leggi elettorali differenti per ciascuna delle due Camere. È altresì chiaro che una volta approvato l’Italicum ci esporremmo al rischio che Berlusconi decida di staccare improvvisamente la spina alle riforme. Lo ha già fatto in passato e il lupo, come si sa, perde il pelo ma non il vizio. Insomma, prima vedere il cammello della riforma di Palazzo Madama e poi dare la moneta della riforma elettorale…».
Le perplessità di Stefania Giannini, segretaria di Svelta Civica e ministro della Pubblica Istruzione, sono un sintomo che non va sottovalutato.
«È importante che ci sia un accordo di maggioranza solido che non esponga il governo a rischi. E poi è buona creanza che una riforma così importante nasca da una sana dialettica parlamentare. Non si può far finta che il Senato non esista».
Quest’ultimo non verrà cancellato, e quindi resteranno le spese per la sua struttura. Non è allora pericoloso usare come argomento a favore di questa riforma quello dell’abolizione dei costi della politica?
«È un’obiezione che condivido. Non ho mai pensato che il problema del funzionamento della democrazia debba essere legato ai suoi costi economici. È un argomento scivoloso: qualcuno potrebbe avere la tentazione di abolire via via tutte le istituzioni con la scusa dei risparmi per la collettività. Tra l’altro in base ai dati attuali gli emolumenti dei senatori oscillano tra l’8 e il 12 della spesa complessiva dell’intero Senato. E se andiamo a vedere nel dettaglio la loro busta paga ci rendiamo conto che la parte stipendiale rappresenta una porzione minoritaria rispetto ai rimborsi spese per poter esercitare la loro funzione».
Che significa?
«Significa che sono contrario a un’elezione diretta dei futuri senatori, visto che non dovranno più esprimere la fiducia al governo. Ma non mi sento di escludere che la spesa necessaria per la loro partecipazione ai lavori del Senato non venga un domani messa a carico dei bilanci delle Regioni che li hanno eletti o dello stesso Senato…».
Fin qui Renzi ha promesso moltissimo.
«Il premier ha intercettato una grande voglia di cambiamento ma va atteso alla prova dei fatti. Noto come in queste settimane stia usando una tattica precisa: mettere in contemporanea molta carne al fuoco. Vedremo se riuscirà a cuocere bene i singoli pezzi di riforma, senza farli bruciare… Un ingrediente fondamentale per la cottura – che serve innanzi tutto al Pd e a Renzi – è un minimo sindacale di saggezza costituente. O questa c’è oppure bisogna impegnarsi per crearla. Occorre sottrarsi alla tentazione della propaganda di parte, nell’ambito di una competizione elettorale continua»
Non teme scossoni alla maggioranza se alle Europee entrambi i vostri alleati (Ncd e Scelta Civica) dovessero andare sotto la soglia minima del 4% dei voti?
«Una cosa per volta. Mi preoccupa semmai un ulteriore successo del Movimento di Beppe Grillo che potrebbe comprimere Forza Italia sotto il 20%, trasformandola in terza forza politica italiana. Potrebbe andare in crisi il patto siglato a inizio gennaio con Berlusconi, con i suoi che potrebbero chiedere immediate modifiche all’impianto dell’Italicum. Vi immaginate infatti l’effetto di un ballottaggio per il governo del Paese tra il Pd e il Movimento 5 Stelle?».