Il Pd non vuole mollare Mps. Un pool per salvare la Fondazione di Siena

di Alessandra Fassari

Il piano c’è. Anzi no. Ma di sicuro c’è chi ci sta pensando. Ieri è stata una corsa a smentire il coinvolgimento in una presunta cordata di fondi e Fondazioni italiane disposte a rilevare buona parte della partecipazione nella Banca Monte dei Paschi di Siena detenuta dalla Fondazione Mps. L’indiscrezione, riportata dal quotidiano La Repubblica, è stata prima respinta dalla stessa Fondazione senese guidata da Antonella Mansi, poi dalla Compagnia di Sanpaolo, primo azionista di Intesa Sanpaolo. Proprio Intesa – in questo disegno – dovrebbe giocare un ruolo di punta. Di nozze tra le due banche si parla ciclicamente da anni, con voci sempre smentite dai fatti. Questa volta però le cose sono diverse. Il Monte è infatti in una strettoia da dove non uscirà mai senza l’aiuto di mani forti, come potrebbero essere quelle di Intesa. In caso contrario il destino è segnato: il controllo della banca finirà in mani straniere.

Le smentite
“Il Comitato di Gestione della Compagnia di San Paolo – è scritto nella nota diffusa ieri – precisa di non avere in corso alcuna iniziativa di intervento nelle operazioni ipotizzate”. Di tenore identico il comunicato della Fondazione Mps, che “smentisce categoricamente qualsiasi ipotesi di cessione con i soggetti e le modalità citate e che tanto meno sia programmata una riunione della Deputazione Amministratrice per valutare qualsivoglia proposta”.
Riunione che ieri si è svolta come da programma già fissato, ma senza tale argomento all’ordine del giorno.

Forti scambi
Intanto il mercato ha preso sul serio le indiscrezioni giornalistiche. E il titolo di Mps è volato, tra scambi fortissimi (è passato di mano oltre il 2% del capitale). Le smentite alle ipotesi della cordata di Fondazioni e fondi non hanno ridotto l’appeal del titolo che ha terminato la seduta a +4,3% in vista dell’assemblea di venerdì. In quella sede si capirà che margini restano alla Fondazione. Super indebitata e senza più risorse da gettare nel pozzo della banca, l’istituto giocherà tutte le sue carte per rinviare l’aumento di capitale al quale non può far fronte. I vertici della banca però premono per completare l’operazione in tempi strettissimi, e il presidente Alessandro Profumo ha parlato nei giorni scorsi di rischio nazionalizzazione in caso di un rinvio oltre le prime settimane dell’anno. La Fondazione dunque è a un bivio. Se l’assemblea farà decollare l’aumento di capitale e l’ene non aderirà, sarà costretto a diluirsi e a conoscere per la prima volta un ruolo marginale.

Risiko in banca
Una situazione inaccettabile per la politica, che a Siena ha sempre comandato e che oggi vede il sindaco della vicina Firenze, Matteo Renzi, al centro di quel sistema che nel Monte è stato sempre centrale: il Pd. Le indiscrezioni di ieri hanno dato una speranza alla Fondazione, che con un gioco di alleanza pilotate politicamente potrebbe salvarsi. In caso contrario, se il titolo di Mps dovesse scendere in Borsa sotto 0,128 euro, le banche potrebbero prendersi le azioni della Fondazione. E a Siena il Pd non conterebbe più niente.