Il petrolio crolla, ma il prezzo della benzina scende col contagocce. In un anno e mezzo oro nero giù del 63%, mentre il costo alla pompa solo del 19%. In mezzo un Fisco che si beve tutto

di Stefano Sansonetti

Ormai il petrolio sotto la soglia dei 40 dollari al barile è grosso modo diventata realtà. E c’è che ritiene che la discesa sia destinata a continuare e a riservare ulteriori sorprese. Di sicuro le sorprese non sono tutte positive per gli automobilisti, che si trovano di fronte al solito dilemma: perché a una diminuzione così consistente del prezzo dell’oro nero non corrisponde un altrettanto forte calo del costo della benzina? Per rispondere a questa domanda, purtroppo, si è costretti a incunearsi nei meandri della composizione del prezzo della benzina, che in Italia è più penalizzante rispetto al resto dell’Europa. Ma i numeri, se letti con pazienza, possono aiutare a capire cosa accade.

IL RAFFRONTO
Diciamo subito che nel maggio del 2014, momento in cui in quell’anno c’è stato il picco del prezzo, il petrolio valeva 110 dollari al barile. Oggi, come detto, viaggia sotto i 40 dollari. In altri termini significa che in un anno e mezzo il costo dell’oro nero è sceso del 63,6%. Cerchiamo di confrontare questa dinamica con quella del prezzo della benzina in Italia. Ebbene, nel maggio del 2014 un litro di benzina costava 1,738 euro al litro, mentre oggi viaggia intorno agli 1,4 euro. Vuol dire che la diminuzione, nello stesso anno e mezzo, è stata del 19,45%, molto al di sotto della percentuale di contrazione del prezzo del petrolio. Come mai questa differenza siderale? Ecco, qui entra in gioco anche la composizione del prezzo della benzina. Secondo gli ultimissimi dati del ministero dello Sviluppo economico, aggiornati al 30 novembre del 2015, un litro di benzina in Italia costa in media 1,458 euro (in realtà in questi giorni è ancora un po’ diminuito). Ora, all’interno di questa cifra il costo industriale della benzina, al netto della componente fiscale, è di 0,466 euro. Mentre la componente fiscale pesa per 0,992 euro al litro, alimentata dall’incidenza dell’accisa (0,728 euro) e dell’Iva (0,263 euro). Insomma, in Italia è la componente fiscale a influenzare in modo determinante il prezzo finale di un litro di benzina (per la precisione il Fisco incide per il 68%). E se il prezzo della benzina da noi (ma non solo nel Belpaese) non scende in proporzione alla caduta del prezzo del petrolio è anche perché il Fisco pesa enormemente ma scende molto lentamente. Nel maggio del 2014, per esempio, negli 1,738 euro di prezzo al litro della benzina, 0,694 erano di costo industriale e 1,044 di Fisco. Appare evidente che la caduta del costo industriale, da 0,694 euro agli attuali 0,466 euro, è stata “rallentata” dalla molto più timida discesa della componente fiscale, passata in un anno e mezzo da 1,044 euro al litro a 0,992. Lo Stato, insomma, incassa alla grande.

IL CONFRONTO
E qui è impietoso anche il confronto con il resto d’Europa. Dai numeri diffusi dall’Unione petrolifera, che ha elaborato dati della Direzione generale Energy della Commissione europea, si ricava che nell’Europa a 28 il prezzo medio della benzina oggi è di 1,259 euro al litro, rispetto ai nostri 1,4 euro. Attenzione però. Come certificato dallo stesso ministero dello Sviluppo economico, il costo industriale della benzina in media in Europa è di 0,460 euro al litro. Una media con la quale l’Italia è perfettamente in linea. Ciò che rende il nostro prezzo superiore a quasi tutti i partner europei è proprio il peso del Fisco: mentre da noi, come detto, vale 0,992 euro al litro, in Europa incide per 0,772. Insomma, il Fisco si succhia quasi tutto, con la complicità di uno Stato che non riesce a rinunciare a incassi per 25 miliardi di euro. Se a questo aggiungiamo che in Italia il sistema della accise ancora oggi finanzia, tra le altre voci assurde, la guerra in Etiopia, la crisi di Suez, il disastro del Vajont o il Fondo unico spettacolo, si capisce come la frittata sia fatta.

Twitter: @SSansonetti