La Lombardia alla Moratti e Fontana ministro. L’exit strategy delle destre

Il piano delle destre per evitare tensioni. Alla Moratti il ruolo di governatore e a Fontana quello di ministro.

Tutto quello che si legge in giro sulle prossime elezioni regionali in Lombardia è falso. Non c’è nessuna discussione su un posto da ministra per Letizia Moratti a Roma e non c’è nessun passo indietro sulla candidatura di Moratti alle prossime lezioni regionali in Lombardia.

“Anzi, lei è già partita da un pezzo, è determinata, ha la sua squadra con cui sta lavorando da mesi e ovviamente è piena di soldi”, dice a La Notizia Franco Mirabelli, senatore (rieletto) del Partito democratico.

Lo scambio

“Tenendo conto di un’eventuale divisione della destra noi avremmo qualche possibilità in più”, spiega Mirabelli. Lo schema sarebbe quello di “un campo largo” senza il cosiddetto Terzo polo di Renzi e Calenda: “Gli altri ci stanno già”. Per il nome del candidato non si è raffreddata del tutto l’ipotesi di Carlo Cottarelli nonostante il pessimo risultato che ha rimediato nel collegio della sua città perdendo contro Daniela Santanchè (è stato ripescato in Senato grazie al paracadute della lista plurinominale).

Nel Pd lombardo però una frangia insiste per le primarie – previste per Statuto – e allora il quadro cambierebbe: “O facciamo il campo largo o facciamo le primarie”, spiega il senatore Dem. Ipotesi, quella del campo largo, a cui sta lavorando anche il M5S. Anche se il consigliere pentastellato Marco Fumagalli, solleva dei dubbi: “Il campo largo in Lombardia assolutamente inutile se non c’è Calenda poiché non ci sarebbe comunque nessuna possibilità di vittoria”.

“Bene che vada – ragiona Fumagalli – la coalizione potrebbe prendere oggi circa un 34%, tenendo conto che Calenda ovviamente non entrerebbe mai in una coalizione dove c’è il Movimento 5 Stelle”. In occasione della campagna elettorale nazionale solo pochi giorni fa Giuseppe Conte ha ribadito che il Movimento 5 Stelle non farà accordi con questa dirigenza del Partito democratico: “Per ora di nomi non ce ne sono – dice Fumagalli – ma noi dobbiamo riuscire a parlare alle aree in sofferenza, non abbiamo bisogno di un candidato che sia invitato a Cernobbio ma ai disoccupati, ai poveri, a quelli che non vanno a votare”.

Anche il consigliere pentastellato è convinto che la candidatura di Letizia Moratti sia in campo, al di là delle dichiarazioni della destra ai giornali: “Già nell’aprile del 2020 si sapeva che Letizia Moratti sarebbe passata all’incasso”. Sarà molto probabilmente l’attuale presidente Attilio Fontana a dover fare le valigie e partire per Roma. Un suo posto al ministero sbroglierebbe la matassa lombarda e permetterebbe alla destra di non schiantarsi.

Anche perché alla solita coalizione Lega-Forza Italia-Fratelli d’Italia sembra quasi scontato che si aggiungerebbero Renzi e Calenda. Fu proprio Calenda, non pochi mesi fa, a dichiarare pubblicamente che “Letizia Moratti sarebbe un’ottima presidente per la Lombardia” e i voti del Terzo polo in Lombardia sono un bottino ghiotto di questi tempi. “Fontana vada a fare il ministro degli Affari regionali e provi a portare a casa l’autonomia regionale, se ci riesce”, provoca il pentastellato Fumagalli.

In viaggio per Roma

Della prossima partenza verso un ministero dell’attuale presidente di Regione Lombardia è convinto anche Pietro Bussolati, ex segretario provinciale del Pd di Milano e ora consigliere regionale che al centrosinistra chiede di passare dalle primarie: “Le primarie sono uno strumento che va definito e proposto senza esclusioni. Poi vediamo cosa emerge. Partire dalle alchimie è sbagliato, serve trovare entusiasmo. Si vince solo con la mobilitazione”.

“Del resto – chiede Bussolati – chi decide i nomi da mettere in campo? Deve essere il territorio, non le imposizioni dall’alto”. La campagna elettorale in Lombardia è già iniziata, anche se in pochi sembrano essersene accorti.