Il sangue di Steven è un peccato contro Allah

Dalla Redazione

Un messaggio duro. Così la famiglia di Steven Sotloff ha rotto il silenzio dopo la barbara esecuzione del proprio congiunto in Siria. Una lettera aperta a Abu Bakr al-Baghdadi, l’autoproclamatosi leader del Califfato Islamico dell’Isis che sta portando morte nel nord ell’Iraq. “Ho un messaggio per Abu Bakr al-Baghdadi” ha detto, in arabo, il portavoce della famiglia, Barak Barfi “Il mese di Ramadan è il mese della misericordia. Dov’è la sua?”. “Wayluk”, ha aggiunto Barfi, una parola in arabo che vuol dire commettere un grande peccato.

E ha poi detto: “Sono qui a discutere con gentilezza. Non ho una spada in mano e sono pronto per la sua risposta. Oggi noi siamo in lutto, ma emergeremo da questa tragedia, non permetteremo ai nostri nemici di tenerci in ostaggio con le sole armi che posseggono, la paura. Non dimenticheremo”. Un messaggio che segue l’inutile appello con cui la madre di Sotloff ha chiesto la liberazione di suo figlio.

La famiglia ricorda il reporter come un ragazzo dall’ “animo gentile” che è morto “come martire di Allah”. “Steve non era un eroe. Come tutti noi, era un uomo semplice che cercava di trovare del buono nascosto in un mondo di tenebre”, ha detto Barfi. “Ha infine sacrificato la sua vita per raccontare le loro storie al mondo…aveva un animo gentile di cui questo mondo dovrà fare a meno”.