Il Senato che piace tanto al Pd. Imbottito di Governatori indagati. I dem volevano promuovere i presidenti regionali. Ma l’emendamento è stato bocciato dalla maggioranza

Solo il Pd in tutto l’arco parlamentare ha votato contro il taglio dei parlamentari

Due giorni fa, come sappiamo, la riforma Cinque stelle che taglia i parlamentari e 500 milioni di costi ha incassato il secondo via libera alla Camera, dei quattro (il ddl dovrà tornare al Senato e poi di nuovo a Montecitorio) previsti per le leggi costituzionali. Solo il Pd in tutto l’arco parlamentare ha votato contro il taglio dei parlamentari. La ragione è stata laconicamente spiegata da Roberto Giachetti: “È una cazzata”. Sarebbe stato molto meglio immaginare un Senato in cui accanto agli eletti ci fossero stati i presidenti di Regione.

Questo perlomeno era quello che prevedeva un emendamento – bocciato – presentato da alcuni deputati Pd (da Gennaro Migliore a Stefano Ceccanti) in cui si prevedeva che “i presidenti delle Giunte regionali e i presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano partecipano con diritto di voto ai lavori del Senato”. Un modo, insomma, per rimpolpare i senatori dopo il taglio previsto dalla riforma. Come detto l’emendamento è stato bocciato. Ma resta una domanda: come sarebbe stato il Senato voluto dal Partito democratico? Pieno zeppo di indagati.

In giro per l’Italia, infatti, non sono pochi i governatori finiti nei guai con la giustizia. Solo nelle ultime settimane ne abbiamo contati tre. L’ultimo, in ordine di tempo, è stato il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, finito sotto inchiesta per abuso d’ufficio: l’episodio contestato è quello la nomina del suo ex socio di studio Luca Marsico (Fontana è avvocato) a un incarico in Regione Lombardia. Marsico era stato candidato alle Regionali ma non eletto, così Gioacchino Caianello, si sarebbe speso per “ricollocarlo”, proponendo a Fontana di nominare una terza persona alla Direzione formazione della Regione in cambio di consulenze a Marsico.

Fontana aveva declinato la proposta, pur senza denunciarla (ed ecco perché risultava “parte offesa” in un tentativo di istigazione alla corruzione) ma successivamente il governatore avrebbe proposto autonomamente alla giunta regionale di nominare Marsico tra i membri esterni di un “Nucleo di valutazione degli investimenti pubblici”, un incarico che frutta 11.500 euro l’anno e 180 euro a seduta. Ma non è finita qui. Nel mirino della magistratura sono finiti anche la presidente dell’Umbria Catiuscia Marini (nella foto) per l’ormai drammaticamente arcinota sanitopoli umbra, e il suo omologo della Calabria Mario Oliverio. In questo caso la bufera giudiziaria riguarderebbe, invece, la partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata a “commettere una serie di delitti contro la Pubblica amministrazione”.

TUTTI GLI ALTRI. Ma non è finita qui. Tra gli interessati da indagini della magistratura figurano anche il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti (finanziamento illecito), il governatore della Toscana Nicola Rossi, che nel novembre 2013 è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Massa con l’accusa di falso ideologico (per il quale, però, nel novembre 2016 la stessa Procura della Repubblica di Massa ha chiesto l’archiviazione). Non si può poi non citare Vincenzo De Luca: il governatore-sceriffo è sotto inchiesta per falso in atto pubblico per via della variante che ha permesso la costruzione di piazza della Libertà a Salerno. Infine, Michele Emiliano: indagato in un’inchiesta su presunti illeciti commessi durante la campagna elettorale per le primarie del Pd nell’aprile 2017. Insomma, quello del Pd sarebbe stato un Senato di indagati.