Il sistema dell’accoglienza dei migranti colpito al cuore per creare l’emergenza

La gestione dei flussi migratori da parte delle destre sta registrando i risultati peggiori di sempre.

Il sistema dell’accoglienza dei migranti colpito al cuore per creare l’emergenza

A Fratta Todina, piccolo centro della provincia di Perugia, il sindaco Gianluca Coata racconta che da gennaio sono stati “scaricati” dal governo 50 migranti, di cui 35mila solo negli ultimi due mesi. Il paese ha 1.800 abitanti. “Siamo al collasso”, è l’allarme lanciato dal sindaco.

Coata è uno dei tanti primi cittadini che si ritrovano sulle spalle la disorganizzazione di un governo incapace di affrontare i flussi migratori. Avevano promesso l’irrealizzabile chiusura dei porti e si sono schiantati contro la realtà, hanno stretto le mani insanguinate del presidente tunisino Saied e nelle cinque settimane dopo il memorandum le partenze dalla Tunisia sono aumentate del 38%, hanno propagandato risultati internazionali straordinari e ora il ministro Urso lamenta che il governo è lasciato solo dall’Ue.

La gestione dei flussi migratori da parte delle destre sta registrando i risultati peggiori di sempre

“La verità è che la premier Meloni ha conquistato Palazzo Chigi raccontando fandonie sulla gestione dell’immigrazione – dal blocco navale al globo terracqueo – e oggi è costretta ad ammettere il suo totale fallimento e la totale mancanza di visione strategica su questo tema”, dice il segretario di +Europa, Riccardo Magi.

Il fallimento sul sistema di accoglienza parte dal lontano. Il primo passo del disfacimento risale al Decreto sicurezza dell’allora ministro all’Interno Salvini, che escludeva dal Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) i richiedenti asilo. Ne secondo governo Conte la riforma Lamorgese aveva provato a mettere una pezza ma la scure si è abbattuta definitivamente col recente Decreto “Cutro”.

I cittadini stranieri soccorsi in mare vengono condotti in centri localizzati nei pressi delle aree di sbarco per la prima assistenza sanitaria, il fotosegnalamento e la pre-identificazione. Sono i cosiddetti “hotspot”. Da qui dovrebbero essere trasferiti nei centri governativi in cui l’accoglienza prevede anche servizi che ne favoriscono l’integrazione. Ma i centri governativi sono pieni da anni, e quindi si ricorre ai Centri di accoglienza straordinaria (Cas) che da “straordinari” sono diventati la norma.

Qui i servizi (e i diritti) sono inferiori, l’accoglienza quindi funziona peggio e l’integrazione è un’utopia. Il “decreto Cutro” ha creato inoltre un nuovo tipo di Cas, provvisorio, in cui è esclusa l’assistenza sociale. Un parcheggio, insomma. Il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai), che consente una reale possibilità di integrazione, ormai è dedicato esclusivamente ai titolari di protezione, o quasi. Quella dei migranti, quindi, non è un’emergenza annunciata, ma un’emergenza costruita da anni.

E ci si può fare la domanda: è davvero l’incremento degli arrivi a provocare il disastro? Non proprio. In dodici mesi in Italia sono sbarcate 155mila persone: stesso livello del 2014-2017. Negli ultimi 5 anni sono stati cancellati 40mila posti su tutto il territorio nazionale. Un fallimento cercato, voluto. Inoltre l’abbattimento dei rimborsi celebrati da Salvini come una vittoria ha allontanato i privati e le associazione che non riescono a far quadrare i bilanci.

A questo si aggiunge il problema dei minori non accompagnati: in base alla legge 142 del 2015 tocca allo Stato prendersene cura in strutture dedicate, sistemandoli in strutture di secondo livello. I Comuni possono intervenire in via temporanea e senza oneri. Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori è già ricorso al Tar. Naturale è il dubbio che la vera emergenza stia nell’incompetenza e nella propaganda di chi governa.

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