Il surreale attacco della Lega all’attore Richard Gere

La Lega che bolla come "buonista" l'attore Richard Geer, testimone al processo Open Arms, rivela il cinismo di chi rifiuta di ammettere che esistono i buoni.

Il surreale attacco della Lega all’attore Richard Gere

Affrontare il tema migranti nella giornata in cui vengono celebrati i funerali di Stato del Presidente Berlusconi è certamente in controtendenza, probabilmente impopolare, ma ha un suo senso che trae linfa dal rispetto per una figura che – tra luci e ombre – ha scritto la storia del nostro Paese e che non ha mai mancato, questo lo asseriscono i suoi sostenitori così come i suoi detrattori, di una luminosa apertura verso il prossimo fatta di carisma personale. Pura generosità per chi lo ha amato, clientelismo per chi lo ha odiato costruendo la propria fortuna personale proprio su quel sentimento.

La Lega che bolla come “buonista” l’attore Richard Geer, testimone al processo Open Arms, rivela il cinismo di chi rifiuta di ammettere che esistono i buoni

Come ci ha insegnato il Principe Antonio De Curtis, in arte Totò, compendiando la tesi in un suo celebre scritto: la morte è una livella, quanto di più democratico esista, colpisce tutti indipendentemente dal ceto sociale, dal patrimonio, dalla personalità e non ammette distinzioni. Livella, appunto. Ci ricorda in maniera ancestrale, anche con la paura che di essa si ha e con il conseguente attaccamento alla vita, il concetto di eguaglianza tra le persone e il valore unico e irripetibile di ogni singola vita come anche i precetti del cristianesimo affermano invitando a cercare il volto di Dio nella sofferenza degli ultimi.

Ci sono però alcune morti che sono evitabili, certamente per le modalità e il tempo in cui accadono, sono quelle che affollano il cimitero del Mediterraneo con i corpi di chi – proprio per l’impulso di sfuggire alla povertà e alla guerra e che coincide con la dolorosa scelta di abbandonare il proprio paese – intraprende un viaggio che potrebbe essere l’ultimo, che potrebbe coincidere con la fine drammatica della propria vita. Il recente accordo sui migranti tra i Paesi membri e la Commissione Europea, step che precede il passaggio in Parlamento Europeo, è stato venduto come una vittoria del nostro Paese che avrebbe avuto il merito di far sentire la propria voce ai “sordi” interlocutori isolando inoltre la Polonia e l’Ungheria che erano ritenuti da sempre “amici” della Premier con le loro politiche draconiane di respingimento dei migranti.

Il governo ha l’indiscusso merito di aver “battuto un colpo”nelle sedi opportune e di costruire giorno dopo giorno la credibilità per farlo, ma emerge plasticamente la deriva che sta prendendo la gestione del tema: la priorità della “protezione” dei confini nazionali da migranti che si ritiene di non poter accogliere (salvo poi indire i click-day per reperire tra questi la forza lavoro che manca al nostro paese) a dispetto della tutela dei diritti umani che non conoscono confini, differenze di pelle o culturali. Il patto prevede infatti che subappaltando la gestione dei migranti ad altri stati attraverso l’erogazione di denaro, estendendo la proposta anche ai paesi di transito, ci sia una esternalizzazione dei confini e un ridimensionamento del problema.

Gli Stati con cui stringere accordi dovrebbero essere “sicuri” ma a stabilire se posseggono questa rilevantissima caratteristica, sarebbe proprio la discrezionalità dello stato “delegante”. Che poi il migrante non abbia rapporti con il paese di transito o che qui viga una dittatura, poco importa. Essenziale è che si siamo difesi i confini, certo non con i blocchi navali osannati durante la campagna elettorale o con il filo spinato degli ex amici di Visegrad, a dispetto della tutela della difesa di quei diritti umani che dovrebbero vederci come fratelli nella diversità. Di queste ore, sempre nelle nostre surreali cronache politiche sul fronte immigrazione, la Lega se la prende con Richard Gere che testimonierà al processo sull’Open Arms che vede Salvini indagato.

La storia è tristemente nota, ma prendersela con chi francescanamente soccorre i migranti spogliandosi del suo nome altisonante è davvero buffo e temo – questo nulla ha a che fare con il corso che deve fare la autonomamente la giustizia – un boomerang comunicativo. Richard Gere definito “buonista”, affetti dal cinismo che non ammette l’esistenza dei “buoni”. Forse proprio quella livella che tocca tutti – dai Capi di Stato ai migranti – dovrebbe ricordarci il senso della vita e il valore dell’accoglienza.