Il Tesoro e il sondaggio farsa. L’inutile pagella alla Sogei, la società informatica del ministero che dovrà essere giudicata da chi la gestisce

di Stefano Sansonetti

È un po’ come chiedere a chi gestisce una società se è soddisfatto dell’attività svolta dalla medesima azienda e dei prodotti offerti. Che cosa potrà mai rispondere? Accade praticamente lo stesso dalla parti del ministero dell’economia, che ha deciso di mettere sotto esame la Sogei. Parliamo della società di via XX Settembre che fornisce i delicatissimi servizi informatici alle Agenzie fiscali, alla Guardia di Finanza e a Equitalia. Per capire se questi “clienti” istituzionali sono soddisfatti dell’operato della Sogei, il ministero dell’economia, guidato da Fabrizio Saccomanni, ha deciso di affidarsi a un sondaggio. Ebbene sì, al punto che nei giorni scorsi è stato aggiudicato alla Swg un appalto precedentemente predisposto dalla Consip, la centrale acquisti dello stesso dicastero. Insomma, la Swg dovrà chiedere alle Agenzie fiscali se sono contente di Sogei, soprattutto se si considera che i 380 milioni di fatturato della società informatica derivano dai compensi erogati proprio dalle strutture in cui si articola l’amministrazione fiscale, in particolare dall’Agenzia delle entrate di Attilio Befera. Un controllo logico, sulla carta. Si dà però il caso che le stesse Agenzie siano direttamente coinvolte nella gestione della Sogei. Nel consiglio di amministrazione della società, guidato da Cristiano Cannarsa, siedono infatti Salvatore Lampone, direttore centrale accertamento dell’Agenzia delle entrate, e Giuseppe Peleggi, capo dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. E quindi il sondaggio che dovrà essere condotto dalla Swg si risolverà nell’intervistare i dipendenti di quelle stesse Agenzie che di fatto governano la società adesso sotto esame. Situazione che non sembrerebbe proprio da manuale, ma tant’è. Senza contare che non è certo la prima volta che si procede in questo modo.

Lo schema
Il bando di gara, vinto dalla Swg in cordata con lo studio Lattanzio e Associati (base d’asta di 390 mila euro), prevede un ciclo di interviste ai dipendenti dell’amministrazione fiscale, in particolare a quelli che si trovano ogni giorno ad operare sulla base dei servizi informatici forniti dalla Sogei. Si tratta, come spiegano i documenti di gara, di verificare la “costumer satisfaction” dell’amministrazione fiscale. Già nel 2011, per complessivi 311 mila euro, l’accoppiata Swg-Lattanzio si era aggiudicata la medesima gara. Ma in cosa si è risolta, poi, l’attività di verifica portata a termine? Se ne trova qualche traccia nell’ultimo bilancio della Sogei. Nel quale si legge che “nel 2012 l’indagine ha registrato un valore di Csi (Costumer satisfaction index) complessivo pari a 87,2, il più alto degli ultimi anni, con un incremento di 2,5 rispetto al corrispondente valore rilevato lo scorso anno (84,7)”. Insomma, gira e rigira l’esito della verifica, anno dopo anno, è sempre molto positivo. A riprova, verosimilmente, del fatto che un sondaggio organizzato in questo modo non può far altro che restituire un esito positivo.

Una foglia di fico
Semmai un’operazione del genere sembra una sorta di foglia di fico, nata per dimostrare che anche le rilevazioni di una società esterna fanno vedere che i servizi Sogei producono il massimo della soddisfazione nei clienti. Sul punto, del resto, in passato erano nate fortissime polemiche. Nel 2008 fece molto rumore un rapporto della Arthur D.Little che certificò, proprio su mandato del ministero dell’economia, come all’epoca la Sogei offrisse alle Agenzie fiscali servizi a costi spropositati, a volte anche sette volte superiori alle medie di mercato. L’attività svolta dalla Arthur D.Little era diversa dall’indagine sulla costumer satisfaction ora commissionata alla Swg. In quell’occasione si trattava del cosiddetto benchmarking, ossia proprio di una valutazione sulla convenienza economica dei servizi erogati dalla società informatica di via XX Settembre. E gli esiti furono disastrosi. Ma è acqua passata.