Il voto laziale ridimensiona l’area di Rampelli

Dopo le tensioni tra la Meloni e Rampelli era inevitabile che dall'esito delle urne sarebbero dipesi i rapporti di forza all’interno di FdI.

Il voto laziale ridimensiona l’area di Rampelli

Messa in cassaforte la pratica delle regionali nel Lazio, in Fratelli d’Italia è tempo di una tregua armata tra meloniani e rampelliani. Dopo le tensioni dei mesi scorsi con il cofondatore del partito Fabio Rampelli (nella foto) che sperava in una candidatura a governatore, salvo poi doversi arrendere quando Giorgia Meloni gli ha preferito Francesco Rocca, era inevitabile che dall’esito delle urne sarebbero dipesi i rapporti di forza all’interno del partito egemone del Centrodestra.

Dopo le tensioni tra la Meloni e Rampelli era inevitabile che dall’esito delle urne sarebbero dipesi i rapporti di forza all’interno di FdI

E in tal senso le urne sono state piuttosto chiare visto che la premier ha stravinto il confronto conquistando venti assessori, contro i due che sono finiti ai rampelliani. Un magro bottino che ha fatto tramontare sul nascere la possibile fronda interna che, comunque, per il vicepresidente della Camera non è mai esistita. “La verità non è quella che compare sui giornali. Non esistono correnti in Fdi, io sono fondatore di Fdi. Se avessi voluto fare una corrente tutti se ne sarebbero accorti” è quanto precisa Rampelli a Radio Cusano Campus.

Sarà così ma qualcosa sembrava davvero agitare il partito visto che commentando le elezioni, alcuni fedelissimi del cofondatore di Fratelli d’Italia sembravano raccontare un’altra storia visto che davanti a un risultato inequivocabile, ossia la stravittoria nel Lazio del Centrodestra, si sottolineava con decisione – in un tentativo a tratti surreale – di mettere in risalto che in fin dei conti i meloniani non avevano del tutto cannibalizzato Lega e Forza Italia.

Comunque la si veda, le elezioni nel Lazio – anche alla luce del suicidio del Centrosinistra – sono state chiaramente un trionfo della Meloni che in un colpo solo ha blindato Rocca, stroncato sul nascere qualsivoglia forma di fronda interna e rafforzato ancor di più il proprio ruolo di leader del partito e della coalizione.

Tutto ciò non può che far piacere proprio al neo governatore che non avrà timori sulla tenuta della maggioranza che lo sostiene, tanto più se si pensa che a sceglierlo è stato proprio la premier, e può dedicarsi alla creazione della propria giunta dove, malgrado quello che dica l’ex presidente della Croce Rossa, l’ultima parola su ogni singolo nome spetterà alla Meloni.

E stando a quanto trapela da via della Scrofa, l’idea è quella di premiare i consiglieri che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze. Proprio per questo per Giancarlo Righini sembra assicurato un posto in Giunta viste le oltre 37mila preferenze. Stessa sorte che dovrebbe toccare pure nei confronti di Antonello Aurigemma, Massimiliano Maselli e Roberta Angelilli. Altro nome che circola è quello di Marco Bertucci.

Secondo quanto trapela in queste ore a sperare è anche il rampelliano Fabrizio Ghera che ha dalla sua l’altissimo numero di preferenze conquistate a Roma. Per il ruolo di presidente del Consiglio regionale, un ruolo politicamente equiparato a due assessorati, starebbe prendendo quota il nome del leghista Pino Cangemi. A chiederlo ufficialmente sarebbe stato il Carroccio che intende far pesare il suo ruolo di secondo partito della coalizione nel Lazio.

Tra le fila degli azzurri, invece, potrebbe venire scelto Giorgio Simeoni che ha dalla sua l’aver già fatto parte della squadra in Regione durante il regno di Francesco Storace. Ma se le diverse caselle non potranno che essere parte di un’intesa interlocuzione, la quale andrà avanti anche oggi con Rocca impegnato in diversi incontri con i partiti della maggioranza, il nodo più intricato da sbrogliare è quello della Sanità. Il governatore fresco di elezione ha detto che vuole valutare se tenere per sé la delega ma che se non dovesse farlo allora seguirà “molto da vicino questa materia che è quella cruciale”.