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Imprese impreparate sui danni ambientali: solo lo 0,64% ha un’assicurazione

L'assicurazione contro i danni ambientali è una rarità per le imprese italiane: ha stipulato una polizza solo lo 0,64% delle aziende.

Pubblicato il 23 Aprile 202522 Aprile 2025 - Aggiornato il 23 Aprile 2025 alle 13:04 di Dario Conti
Imprese impreparate sui danni ambientali: solo lo 0,64% ha un’assicurazione

Le imprese italiane non hanno una strategia per affrontare i danni ambientali. E a dimostrarlo è il fatto che solo una piccolissima percentuale, vicinissima alla zero, di aziende del nostro Paese è assicurata contro i danni ambientali. Un’elaborazione effettuata dal Pool Ambiente, consorzio nato nel 1979 dopo il disastro ambientale di Seveso, basata sulla rilevazione statistica condotta da Ania-Associazione nazionale per le imprese assicuratrici, evidenzia come soltanto lo 0,64% delle aziende made in Italy si sia dotato di una polizza assicurativa per proteggersi dai danni alle risorse naturali. Insomma, la diffusione delle polizze di responsabilità ambientale tra le aziende è prossima allo zero.

Le imprese senza assicurazione: i dati a confronto

I dati non sono omogenei tra i diversi settori: tra i più assicurati c’è quello dei rifiuti, al 21,16% anche grazie all’obbligo di legge introdotto nel 1999 dalla Regione Veneto: le imprese operanti nel settore devono, infatti, sottoscrivere una polizza assicurativa e una fideiussione a favore della Regione per i danni all’ambiente. Senza questo obbligo, però, la percentuale nazionale scenderebbe al 13,61%. Gli altri settori più assicurati sono quello chimico (11,87%) e petrolifero (4,19%). Ben diversa la situazione per il settore carta, legno e stampa (0,64%), per i trasporti (0,57%) e per civile, commerciale e turismo (0,10%). Tutti in fondo alla classifica.

A livello regionale, invece, la diffusione delle polizze è leggermente maggiore in Veneto e Friuli-Venezia Giulia, ovvero gli unici due territori in cui si supera il punto percentuale, rispettivamente all’1,85% e all’1,02%. Terzo posto per la Liguria (0,84%), seguita da Basilicata (0,78%) e Lombardia (0,74%). Le Regioni del Centro-Nord registrano valori superiori alla media, mentre arrancano quelle del Centro-Sud e delle Isole: il dato più basso è quello della Campania. L’unica, parziale, buona notizia è che scende il numero di regioni sotto la media nazionale: si è passati dalle 13 della precedente rilevazione alle 11 attuali.

Come spiega Tommaso Ceccon, presidente di Pool Ambiente, “la diffusione delle polizze assicurative per danni ambientali tra le imprese italiane è limitata da molteplici fattori, spesso interconnessi. Un ostacolo significativo è rappresentato da pregiudizi e concezioni errate che persistono nel nostro Paese tra aziende, intermediari assicurativi, media, consumatori e istituzioni”. Il caso del Veneto e degli obblighi imposti nel settore dei rifiuti è, infatti, unico: “Non esistono altre normative che rendano obbligatoria la stipula di queste polizze”. Inoltre gli obblighi previsti dai regolamenti europei, come nel caso della direttiva sulle emissioni industriali, “non trovano concreta applicazione nel nostro Paese”.

Le ricadute

Nell’attuale contesto, la questione delle polizze per danni all’ambiente va affrontata con urgenza, avendo un importante valore sociale e ambientale: i benefici di queste assicurazioni ricadono direttamente sulla sfera economica e sociale a vari livelli, sia locale che nazionale. Insomma, come viene spiegato nel report, sottoscrivere una polizza per danni all’ambiente è fondamentale per contribuire alla sostenibilità dell’impresa e anche al miglioramento del suo rating ESG. L’Italia ha sviluppato prodotti assicurativi ad hoc per la copertura dei rischi di danno ambientale già dal 1979, anno di fondazione del Pool Ambiente. E negli anni la presenza del consorzio ha permesso a molte imprese assicurative di operare in questo settore: oggi il mercato assicurativo italiano dei rischi ambientali può contare su 20 compagnie attive per questo tipo di copertura. Ma, evidentemente, ancora non basta, considerando il bassissimo numero di imprese che decide di sottoscrivere queste polizze.

di Dario Conti

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