In Aula la legge sulle lobby. Azzoppata da destre e renziani. Compromesso al ribasso e norme annacquate. Per gli onorevoli nessun limite cessato il mandato

Dopo un lungo cammino la legge che regola l’attività di lobbying, cara al M5S, è riuscita ad approdare nell’Aula di Montecitorio.

In Aula la legge sulle lobby. Azzoppata da destre e renziani. Compromesso al ribasso e norme annacquate. Per gli onorevoli nessun limite cessato il mandato

È stato un cammino lungo e travagliato ma alla fine il M5S ce l’ha fatta. La legge che regola l’attività di lobbying, cara ai pentastellati (leggi l’articolo), è riuscita ad approdare nell’Aula di Montecitorio. Si tratta di un lavoro di sintesi che nasce da tre proposte: una del M5S, che porta la firma di Francesco Silvestri (nella foto), l’altra di Italia viva e una del Pd.

TRAGUARDO. Si tratta di un traguardo storico – come dice Vittoria Baldino, capogruppo M5S in commissione Affari costituzionali della Camera e relatrice del provvedimento – “considerato che negli ultimi 50 anni, dal 1976 ad oggi, sono stati 97 i tentativi di legiferare su questo argomento, ma nessuno di questi è mai riuscito ad approdare in Aula dopo la discussione in Commissione”. Sebbene, come vedremo più avanti, sulle porte girevoli il testo, per via dell’opposizione delle destre e dei renziani, sia stato “parzialmente” annacquato.

Si prevede, in primo luogo, l’istituzione di un Registro pubblico presso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, cui i lobbisti hanno l’obbligo di iscriversi inserendo i propri dati, quelli identificativi del soggetto titolare degli interessi per conto del quale è svolta “l’attività di relazione” e perfino le “risorse umane ed economiche” investite. L’articolo 5 – il testo prevede in totale 12 articoli – istituisce poi una agenda degli incontri tra rappresentanti di interessi iscritti al registro e decisori pubblici, introducendo l’obbligo da parte di ciascun rappresentante di interessi di tenere ed aggiornare con cadenza settimanale una propria agenda degli incontri con i decisori pubblici. I dati dell’agenda sono pubblicati, in formato aperto e riutilizzabile, nella parte del Registro aperta alla pubblica consultazione entro 20 giorni dall’inserimento da parte del rappresentante di interessi.

AGENDA DEGLI INCONTRI. L’agenda deve essere aggiornata con l’elenco degli incontri svoltesi nella settimana precedente. Nell’agenda, per ciascun incontro, sono riportati il nome del decisore pubblico incontrato, il luogo dell’incontro e la sintesi degli argomenti trattati e del contenuto dell’incontro. Per ciascun evento sono indicati i seguenti elementi: luogo, data, ora e durata dell’incontro; modalità di richiesta dell’incontro e soggetto che ha formulato la richiesta; oggetto dell’incontro; partecipanti all’incontro; la documentazione contenente proposte, ricerche e analisi, eventualmente trasmessa in occasione dell’incontro o successivamente ad esso.

Sempre presso l’Antitrust è istituito un Comitato di sorveglianza sulla trasparenza dei processi decisionali pubblici, presieduto da un membro del Cnel, cui sono attribuite le funzioni di controllo e di irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal testo. Si va dall’ammonizione alla cancellazione dal Registro, fino al pagamento di una cifra tra i 5mila e i 15mila euro.

COMITATO. Al Comitato spetta altresì l’adozione di un Codice deontologico che stabilisce le modalità di comportamento cui devono attenersi coloro che svolgono l’attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi. Con riferimento all’attività parlamentare le funzioni del Comitato di sorveglianza sono svolte da una Commissione bicamerale composta da cinque deputati e cinque senatori. E veniamo alle porte girevoli. La norma all’origine prevedeva un cosiddetto periodo di “raffreddamento”, ovvero nei tre anni successivi alla fine del mandato i decisori pubblici non si sarebbero potuti iscrivere al registro dei lobbisti.

RAFFREDDAMENTO. Il divieto valeva per i membri del Parlamento e del Governo, i presidenti, gli assessori e i consiglieri regionali, gli amministratori di città con più di 300mila abitanti e i membri delle autorità indipendenti. Destre e Italia viva, però, si sono opposte. E la parte che disciplina le porte girevoli è stata modificata: la soglia è stata abbassata da tre anni a un anno e solo per chi ha svolto incarichi di Governo nazionale e regionale. Per gli onorevoli il periodo di raffreddamento è saltato ed è rimasto, ovviamente, solo quello di non poter condurre attività di lobbying durante il loro mandato parlamentare.

ESCLUSE LE PARTI SOCIALI. Sono stati, infine, esclusi, dall’obbligo di iscriversi al Registro dei lobbisti i sindacati e le associazioni imprenditoriali, a partire da Confindustria. Per loro nessun obbligo di trasparenza della loro “attività di rappresentanza di interessi”.