In Italia 248 chilometri di metrò. Solo Madrid ne conta 43 di più. La rete nazionale cresce di appena 600 metri l’anno. Ma si continua ad investire su strade e autostrade

La rete nazionale delle metropolitane cresce di appena 600 metri l'anno. Ma si continua ad investire su strade e autostrade.

Lo sviluppo delle reti di trasporto è da sempre associato alla crescita economica. E il confronto tra l’Italia e il resto d’Europa è impietoso. Un esempio? L’intera rete rete delle metropolitane del nostro Paese si estende per un totale di 248 chilometri. Meno della sola città di Madrid che arriva a 291.

FERMATA OBBLIGATA. È quanto emerge dal rapporto Pendolaria 2022 di Legambiente (qui il focus) precisando che “purtroppo, nel 2019 e 2020, in Italia, non è stato inaugurato neanche un tratto di linee metropolitane e nel 2021 soli 1,7 km”. “Negli ultimi quattro anni – continua – abbiamo viaggiato a un ritmo di meno di 600 metri all’anno di nuove metro, lontanissimo da quanto avremmo bisogno per recuperare i problemi”.

Negli ultimi vent’anni il nostro Paese ha continuato a investire in strade e autostrade, intercettando dal 2002 al 2019 il 60 per cento degli investimenti. Sono, infatti, significativi i dati del Conto nazionale trasporti per gli interventi realizzati dal 2010 al 2019: 309 km di autostrade, 2.449 km di strade nazionali, a fronte di 91,1 chilometri di metropolitane e 63,4 km di tram. Una differenza non da poco, dunque. Come se non bastasse non si è fatto nulla per colmare il divario economico tra Nord e Sud. Anzi.

Negli ultimi dieci anni si sono ampliate le differenze. È in particolare il Sud, precisa il report, a soffrire i ritardi maggiori in termini di possibilità di spostamento nazionali e regionali, con meno treni, più lenti e vecchi. Da sempre si parla della “tirannia della distanza” a causa della mancanza delle infrastrutture adeguate al Sud. Dal 2009, poi, gli spostamenti nazionali in treno sono aumentati complessivamente di 46 mila passeggeri al giorno, evidenziando ulteriormente le differenze territoriali.

Quelli sull’alta velocità sono cresciuti del 114 per cento, mentre quelli sugli Intercity sono diminuiti del 47 per cento, perché, se l’offerta dei primi è cresciuta, quella dei secondi si è ridotta. Per cui i territori fuori dalle tratte veloci hanno visto ridurre le possibilità di spostamento. In alcune regioni si registra un calo importante, come in Campania (-43,9 per cento), che aveva toccato il picco di 467.000 viaggi nel 2011 a circa 262.000 nel 2019, il Molise (-11 per cento, con al momento solo due coppie di treni al giorno sulla Termoli-Campobasso), l’Abruzzo (-19 per cento), la Calabria (quasi -25 per cento) e la Basilicata con un calo del 35 per cento.

ULTIMO TRENO. Mentre sono aumentati in Lombardia, Alto Adige, Puglia, Toscana. Il motivo è che, dopo i tagli nei trasferimenti delle risorse dallo Stato alle regioni per il servizio di trasporto, in alcune regioni si è deciso di investire per non ridurre il servizio, mentre in altre è stato ridotto e gli investimenti rinviati. C’è da dire anche che nel capitolo “infrastrutture per una mobilità sostenibile” del Pnrr ci sono 26 miliardi di euro per il trasporto ferroviario, con interventi da realizzare entro il 2026.

Complessivamente sono in cantiere o finanziati 797 chilometri di nuove linee ad alta velocità, senza dimenticare l’elettrificazione della rete e l’installazione di sistemi di controllo della sicurezza su 1.635 km di rete, che porterà la percentuale di elettrificazione in Italia dal 69,5 al 77,8%. Mentre per le aree urbane, tra Pnrr e risorse statali, sono in cantiere o finanziati 116,5 chilometri di metro tra nuove e riconversioni (a Roma, Milano, Torino, Genova, Napoli, Catania), 235,7 di tranvie, 102,9 di filobus e busvie. Ma sono previste risorse per le linee regionali. Insomma un treno da non perdere per avvicinarsi agli standard medi europei.