I giovani italiani sono in difficoltà. Ma non per il governo, che festeggia per i dati sulla disoccupazione nonostante quella giovanile sia in aumento. E che aumenta la precarietà con il decreto Lavoro e affossa i salari dei lavoratori non rinnovando i contratti collettivi e sottolineando il rischio di una spirale inflazionistica dettata proprio dall’aumento degli stipendi.
L’ultimo dato allarmante per i giovani viene dal Rapporto annuale dell’Istat, nel quale si sottolinea che gli indicatori del benessere dei giovani in Italia è ai livelli più bassi in Europa: nel 2022 quasi un ragazzo su due tra i 18 e i 34 anni ha registrato almeno un segnale di deprivazione. Parliamo di 4 milioni e 870mila persone. Le maggiori difficoltà si hanno per l’istruzione e il lavoro.
Uno dei problemi principali è quello dei Neet: in Italia sono 1,7 milioni i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione.
Il problema dei Neet in Italia: troppi giovani non lavorano e non studiano
La quota dei Neet è in calo, tornando a un livello prossimo al minimo del 2007, ma resta nettamente al di sopra della media Ue (sette punti in più): fa peggio solo la Romania. La percentuale dei Neet sale tra le ragazze (20,5%), tra i residenti al Sud (27,9%) e tra gli stranieri (28,8%). In Sicilia quasi un terzo dei giovani rientra in questa categoria, mentre il minimo si tocca a Bolzano (sotto il 10%). Più cresce il titolo di studio e meno sono i Neet.
Questo dato si associa a un tasso di disoccupazione giovanile elevato: il 18%, quasi sette punti sopra la media Ue. La quota di giovani in cerca di lavoro da almeno dodici mesi è tripla rispetto alla media europea: 8,8% contro 2,8%.
Un terzo dei Neet, cioè 559mila giovani, è disoccupato: nella metà dei casi lo è da almeno dodici mesi, con una percentuale del 62% al Sud e inferiore al 40% al Nord. Più dei tre quarti dei Neet vive ancora in famiglia e solo un terzo ha avuto esperienze lavorative.
In Italia salari bassi, ma per il governo non sono una priorità
L’altro dato preoccupante riguarda i salari che in Italia sono inferiori alla media Ue di 3.700 euro, il 12% in meno. E addirittura sono 8mila euro in meno della media in Germania. La retribuzione media annua lorda in Italia per i dipendenti è di quasi 27mila euro, il 23% in meno rispetto a Berlino: i dati sono riferiti al 2021 a parità di potere d’acquisto.
La crescita delle retribuzioni lorde annue tra il 2013 e il 2022 per i dipendenti è del 12%, la metà della media europea. Il potere d’acquisto delle retribuzioni è sceso del 2%, mentre negli altri Paesi è salito del 2,5%. Di fronte a tutti questi dati, però, ciò che fa il governo è allargare le maglie dei contratti a termine e ribadire che non bisogna aumentare i salari. Penalizzando maggiormente proprio i più giovani, quelli che più spesso si vedono applicati contratti a termine e salari bassi.
E a poco serve l’aumento del taglio del cuneo fiscale che porta solo poche decine di euro in più busta paga ai lavoratori dipendenti che guadagnano meno di 35mila euro: il gap è maggiore e l’unica necessità è quella di rinnovare al più presto i contratti per un vero aumento degli stipendi.