Inchiesta Covid, Fontana poteva istituire la zona rossa

Venti tra politici e tecnici sono indagati nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Bergamo sulle prime fasi dell'emergenza Covid.

Inchiesta Covid, Fontana poteva istituire la zona rossa

Il procuratore di Bergamo, Antonio Chiappani (nella foto), in merito all’inchiesta chiusa ieri sulla gestione della pandemia nella bergamasca, ha spiegato, questa mattina, che con un “decreto” del “23 febbraio 2020 era stata richiamata la legislazione sanitaria precedente, per cui nel caso di urgenza c’era la possibilità sia a livello regionale sia anche a livello locale di fare atti contingibili e urgenti in termine tecnico, cioè di chiudere determinate zone, c’era questa possibilità e poteva essere fatto proprio in virtù di questo diretto richiamo, fatto in un decreto di emergenza del 23 febbraio”.

Venti tra politici e tecnici sono indagati nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Bergamo sulle prime fasi dell’emergenza Covid

Dunque la regione e le autorità locali, prima ancora del governo, potevano autonomamente disporre la zona rossa nell’area dove, nei primi momenti dell’emergenza Covid, erano stati individuati focolai di contagio.

Per Chiappani, che ha indagato nell’ambito dell’inchiesta sul Covid venti tra politici e tecnici in carica durante l’emergenza pandemica, c’è stata una “insufficiente valutazione di rischio”. “Il nostro scopo – ha aggiunto il procuratore di Bergamo – era quello di ricostruire cosa è successo e di dare una risposta alla popolazione bergamasca che è stata colpita in un modo incredibile, questa è stata la nostra finalità, valutare se un’accusa può essere mantenuta come noi valutiamo di fare proprio per questa insufficiente valutazione di rischio”.

“Un piano pandemico, pur vecchio del 2006 c’era”

Il procuratore di Bergamo ha parlato anche del mancato aggiornamento del piano pandemico, altro aspetto oggetto dell’inchiesta Covid di Bergamo. “Occorre distinguere – ha detto – l’aggiornamento del piano rispetto all’attuazione del piano, perché un piano pandemico, pur vecchio del 2006 c’era, come c’erano stati altri piani per patologie respiratorie come la MERS e per la peste suina, con delle forme d’intervento previste”.

Il mancato aggiornamento del piano pandemico, ha concluso Chiappani “riguarda il lato ministeriale, ma il nostro problema riguarda la mancata attuazione di quegli accorgimenti preventivi del piano anti-influenza del 2006”.

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