Inchiesta Covid, la zona rossa a Nembro serviva prima

È il focolaio della Val Seriana il punto chiave dell'inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione dell'emergenza Covid.

Inchiesta Covid, la zona rossa a Nembro serviva prima

A fare salire di livello l’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della prima ondata della pandemia da Covid, dopo una serie di audizioni a Roma, tra cui quelle dell’ex premier Giuseppe Conte, dell’ex ministro della Salute Roberto Speranza e dei tecnici del ministero e del Cts (che sono finiti indagati), sono stati gli accertamenti che hanno riguardato proprio la mancata creazione della zona rossa ad Alzano e Nembro, il focolaio della Val Seriana, come invece era avvenuto già il 23 febbraio nel Lodigiano. Con quelle testimonianze si scoprì che il piano pandemico non era stato aggiornato dal 2006 e che non era stato nemmeno applicato, malgrado le raccomandazioni dell’Oms.

È il focolaio della Val Seriana il punto chiave dell’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione dell’emergenza Covid

Ma c’è qualcosa che non torna nelle accuse a Conte a Speranza. Dalle acquisizioni di documenti, circolari, chat estrapolate dai cellulari e mail, tra cui due di fine febbraio si scopre che fu il governatore della Lombardia Attilio Fontana a non aver segnalato criticità nei comuni della Val Seriana, né chiesto ulteriori zone rosse. Fontana con due “distinte mail del 27.2.20 e 28.2.20” chiese “al Presidente del Consiglio dei Ministri” Conte “il sostanziale mantenimento delle misure di contenimento già vigenti in Regione Lombardia, non segnalando alcuna criticità relativa alla diffusione del contagio nei comuni della Val Seriana”, in particolare Alzano Lombardo e Nembro.

Secondo i pm il governatore della LombardiaFontana non segnalò le criticità nei comuni della Val Seriana

A scriverlo è la stessa Procura di Bergamo che sintetizza in 35 pagine tre anni di inchiesta. Il presidente lombardo non richiese, dunque, “ulteriori e più stringenti misure di contenimento” nonostante, scrivono i pm, “avesse piena consapevolezza della circostanza che l’indicatore ‘r0’ avesse raggiunto valore pari a 2, e che nelle zone ad alta incidenza del contagio gli ospedali erano già in grave difficoltà per il numero dei casi registrati e per il numero dei contagi tra il personale sanitario”.

L’istituzione immediata della zona rossa avrebbe evitato oltre 4mila morti

L’istituzione della zona rossa a suo tempo avrebbe per i magistrati evitato oltre 4mila morti. L’ex premier e l’allora ministro della Salute, secondo la procura di Bergamo, avrebbero invece “cagionato per colpa la morte” di una cinquantina di persone. “Vorrei ricordare” che quello della pandemia “è stato un momento particolarmente drammatico della nostra storia”, c’era “un virus invisibile, oggi c’è quasi una rimozione collettiva su questo, ma ricordiamo che c’era un virus invisibile contro il quale come comunità italiana, come istituzioni abbiamo lottato quasi a mani nude perché siamo stati il primo Paese occidentale colpito e anche più profondamente”, dichiara Conte.

“Non c’era un vademecum – spiega – e abbiamo costruito un percorso e ritengo di aver agito con la massima umiltà nel confronto con gli esperti, con gli scienziati i quali anche loro non esibivano, almeno nella prima parte della pandemia, certezze”. “Ci sono delle verifiche giudiziarie – ha aggiunto – ben vengano: tutta la comunità nazionale ha il diritto che ci siano.

Sono assolutamente disponibile – dice – a confrontarmi nelle sedi giudiziarie che mi verranno offerte ma non vi aspettate da me show mediatici” anche “per rispetto ai familiari delle vittime” di Bergamo e non solo, “dobbiamo onorare oltre 188mila morti e questa è una ferita che non si rimargina”.

Intanto FdI preme per portare avanti la commissione d’inchiesta sul Covid

Intanto FdI preme per portare avanti la commissione d’inchiesta sul Covid. A Brescia è già stato costituito il tribunale dei ministri che dovrà valutare le posizioni di Conte e Speranza. Premier e ministri sono sottoposti alla giurisdizione ordinaria, ma perché si arrivi al processo nei loro confronti, occorre l’autorizzazione preventiva del Senato o della Camera.